Archivio per il 2011
«Gli italiani non dimenticheranno L’Aquila»
«Gli aquilani non devono avere paura di essere dimenticati perché per fortuna la coscienza civica del nostro paese e degli italiani non è al di sotto del dovere del ricordo e della vicinanza».
Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a L’Aquila dove ha partecipato alla messa in ricordo delle vittime del terremoto del 6 aprile 2009 nella basilica di Santa Maria di Collemaggio.
Voglio una guida… spericolata
Storieabruzzesi.it ha intervistato Alfredo De Dominicis, per tutti “Dedo” (o “Superdedo”), pilota teramano di rally pluripremiato in Italia e all’estero. Che ci ha raccontato una passione nata da piccolo e diventata un lavoro. Non sempre facile da gestire.
Alfredo, da quanto tempo corri e cosa significa per te correre?
«Corro da quando avevo 23 anni, molto tardi perchè ho seguito la carriera universitaria (si è laureato in ingegneria gestionale, ndr). Era una passione fin da piccolo ereditata da mio padre, che ho tramutato in lavoro».
«Occhi aperti sulla tragedia dell’Aquila»
Gli organi di informazione devono continuare ad avere gli occhi aperti sulla tragedia dell’Aquila, una città ancora tutta da ricostruire, evitando di trasformare le macerie in un set.
È il monito che la Federazione Italiana della Stampa lancia alla vigilia del secondo anniversario del terremoto del 6 aprile 2009 che causò 309 morti, circa duemila feriti, e distrusse l’economia e il patrimonio architettonico dell’Aquila e di altri 53 paesi.
Icarus, caccia ai messaggeri dell’universo
In una delle grandi caverne del laboratorio sotterraneo di fisica più grande del mondo comincia la caccia ai neutrini, le particelle che sono i messaggeri degli aspetti più misteriosi dell’universo.
Nei Laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) del Gran Sasso è stato inaugurato ieri l’esperimento Icarus.
Il suo padrino è stato il Nobel Carlo Rubbia, che lo ha ideato nel 1977. «E’ un esperimento nato dalla curiosità e segna un primato per l’Italia», ha detto Rubbia.
La missione di suor Daniela in Confindustria
«Cosa può fare una religiosa in Confindustria? E’ una domanda che mi sono fatta spesso in questi giorni, ma la risposta l’ho trovata nel Vangelo: “Siate lievito per fermentare la massa”».
Suor Daniela Di Bacco, 46 anni, responsabile della gestione del personale dell’Istituto della Dottrina Cristiana (più di 20 sedi sparse tra Italia, Congo e Bolivia) e dirigente scolastico, è entrata nel direttivo di Confindustria L’Aquila.
L’ha voluta, in qualità di “invitata permanente”, il neo-presidente Fabio Spinosa Pingue, che crede profondamente nella necessità di aprire il mondo dell’associazionismo d’impresa a quanti lavorano attivamente nel mondo del sociale e dell’educazione.
Laurea inservibile? Faccio il calzolaio
I suoi nonni non volevano. I suoi genitori hanno accolto con stupore la novità. Ma lui, Marco Grazietti, 27 anni, teramano, laureato in Biotecnologie con 108 su 110 e calzolaio di professione da pochissimi giorni, è contento così. Ha dato un calcio alla disoccupazione e ripete che «non ha prezzo non avere padroni».
Da quando ha aperto la “Calzoleria Grazietti”, una piccola ma deliziosa bottega lungo corso Cerulli, uno dei corsi centrali di Teramo, i clienti fanno a gara per portargli scarpe e scarponcini da aggiustare. Marco è cordiale con tutti, molto professionale nell’illustrare i problemi o i difetti delle varie calzature e i rimedi per ripararle. Offre anche servizi speciali, come la risuolatura delle scarpe da montagna o da ballo o i mocassini su misura. Un giovanotto, ottimista ed estroverso, che ha ridato vita ad un mestiere che sta scomparendo.
«Ecco perché resto in Giappone»
Storieabruzzesi.it ha contattato via Facebook Enrico Pelillo, ingegnere teramano da dieci anni in Giappone, chiedendogli di raccontare la sua personale esperienza del devastante terremoto che ha colpito il Paese. Pelillo ha accettato di rispondere alle nostre domande. Il risultato è questa intervista che vi proponiamo integralmente.
Enrico, dov’eri quando è arrivata la scossa più forte?
«Ero a casa, lavorando al pc su alcuni documenti. Per intenderci, a Kobe, dove vivo, che è a circa 800 chilometri dall’epicentro, la scossa non si è nemmeno sentita. Però il sistema di allerta giapponese, tra i più efficienti al mondo, ha trasmesso la notizia del terremoto su tutti i canali tv e radio immediatamente (roba di secondi). Letta l’entità della scossa, ho capito immediatamente che si trattava di qualcosa di importante, non le solite ‘scossette’ cui ci si abitua da queste parti».
Quell’intervista “puntuta” a Giovanni Falcone
È in caduta libera Giovanni Falcone, quel giorno di marzo quando viene in Abruzzo, Chieti, convegno sui consueti temi di giustizia, 21 anni fa.
Il C.S.M. lo ha appena bruciato nella corsa al vertice dell’antimafia, preferendogli tale Giammanco, maggiore anzianità di servizio ma nessun profilo specifico. Scrutinio a sorpresa, una stilettata con la complicità – si disse – della corrente che avrebbe dovuto sostenerlo. Giovanni Falcone, invece che all’antimafia, finisce al Ministero, colletto bianco, però incarico apicale; una promozione, anche quella, dunque non si lamenti……..
Tutto avviene mentre il pool di Palermo perde i pezzi, smantellato, giorno dopo giorno, con le buone o con le cattive.
Le conversazioni di Gambacorta su Flaiano
Simone Gambacorta ama la letteratura, si nutre di letteratura, la indaga, ne parla, la avvicina e le gira intorno come danzasse, con leggerezza nel senso calviniano, leggerezza della pensosità, non della frivolezza. Sia nelle recensioni critiche che nelle interviste, lo sguardo di Simone Gambacorta fugge la curiosità spicciola, biografica, documentaria. Il suo é un approccio paziente, pacato, morbido alla ricerca di una segreta simmetria con la parola e l’anima di un libro, di un autore.
In questo caso sotto la lente di ingrandimento dell’intervista c’è il grande Ennio Flaiano, e il contrappunto è a più voci: con Vittoriano Esposito, Renato Minore, Giuseppe Rosato e Lucilla Sergiacomo, intellettuali che hanno avuto rapporti di lunga durata, di intesa profonda col grande satiro.
Le alte vie dell’alpinista D’Angelo
Da dodici anni non fa più salite, ma le ha ripercorse tutte nel suo libro autobiografico Le alte vie di una vita (Verdone Editore), uscito in questi giorni. Si tratta dell’ultima «scalata» dell’aquilotto del Gran Sasso e guida alpina emerita, Lino D’Angelo.
Classe 1921, Lino, monumento vivente dell’alpinismo italiano e memoria storica delle genti del Gran Sasso, ad 88 anni suonati si è rimesso in gioco e ha iniziato a buttar giù la sua avventurosa vita sulle «alte vie» delle diverse vette che ha scalato in oltre sessant’anni di alpinismo.