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A Pagliaroli la polenta buona come nell’Ottocento
La polenta buona come una volta. La polenta cucinata con il mais che i nostri bisnonni, i nostri nonni e forse ancora i nostri genitori gustavano. E che qui si è fermata, visto che già figli e nipoti non hanno avuto la fortuna… La polenta che non c’è più. Buona e genuina come solo nell’Ottocento… Forse è stata colpa (o merito) di questa latente nostalgia se la Pro Loco di Pagliaroli, frazione del comune di Cortino (Teramo), ha deciso di dare un contributo alla salvaguardia della biodiversità con un’iniziativa per il recupero e la messa in rete della coltivazione del mais nostrano.
Tutto è partito dal recupero del seme, che fortunatamente alcuni agricoltori locali avevano conservato. Il seme del mais nostrano è stato piantato grazie ad alcuni volenterosi ed è stato così possibile di nuovo assaggiare la polenta di una volta oltre che, come era nelle intenzioni della Proloco, dar vita a una filiera produttiva che muove dall’origine fino al prodotto finito passando attraverso i processi di raccolta, trasformazione e di conservazione.
Il sisma e i bambini. «Vorrei ricostruire Tempera…»
Un video per raccontare come i bambini aquilani sognano il loro futuro, cosa pensano della loro città e del terremoto che l’ha distrutta quattro anni fa, come giudicano l’informazione dei media al riguardo. Lo ha realizzato e diffuso in questi giorni il Comitato regionale per le comunicazioni (Corecom) Abruzzo. S’intitola «I cartoni mi piacciono di più» e contiene una serie di interviste agli alunni delle scuole elementari Galileo Galilei di Paganica e di Capitignano, due delle frazioni dell’Aquila più colpite dal sisma.
Il video è nato da un’idea del presidente del Corecom Abruzzo Filippo Lucci ed è stato realizzato dal regista Marco Chiarini con la produzione tecnica di Riccardo Del Palazzo (Dmen). I bambini ricordano quei momenti terribili ma immaginano un futuro diverso. «Il mio sogno è diventare surfista», «Io vorrei fare il cantante», «Io voglio pattinare». Sembrano dichiarazioni simili a quelle che farebbero a quell’età tutti i bambini…
Il genio dello storyboard sbarca anche sul «Corriere»
Il genio dellostoryboard, la sceneggiatura disegnata che precede l’avvio delle riprese di un film, è italiano e si chiama Cristiano Donzelli. A lui si sono affidati registi del calibro di Martin Scorsese, Ridley Scott e Spike Lee. Ha collaborato con otto premi Oscar, tra scenografi, sceneggiatori e registi. Ultimamente è stato al fianco di Gabriele Salvatores in «Educazione siberiana», di Paul Haggis nelle riprese di «Third person» e dell’italiano Alessandro Siani ne «Il Principe abusivo».
Nato in provincia di Teramo, dove vive a due passi dal mare, Donzelli ha 43 anni ed è figlio di commercianti. Ha letteralmente bruciato le tappe della sua carriera dopo essersi trasferito negli Stati Uniti nel 1995. A dargli qualche buona dritta, prima della partenza, fu il disegnatore argentino Oscar Chichoni, autore delle copertine de «L’Eternauta», storica rivista di fumetti.
Il teramano che disegna le storie dei grandi registi
Dimostra meno dei suoi quasi 44 anni ed è teramano. Ex bassista (militava nei Worse, band hard rock abruzzese molto attiva tra gli anni Ottanta e Novanta), è stato strappato alla musica dalla passione per i fumetti. Grazie a questa passione, Cristiano Donzelli è diventato uno degli storyboard artists (in italiano potrebbe tradursi come “disegnatori di sceneggiature”) più apprezzati dai grandi registi internazionali. Da pochi anni, è regista anche lui. Insegna al centro sperimentale di cinematografia a Roma e all’università di Teramo. Ripete che il cinema sta attraversando un periodo difficile ma non scoraggia nessuno: «Per realizzare i propri sogni, bisogna essere disposti anche a trasferirsi all’estero». Lui ha fatto così. Senza rinunciare all’amore per la sua terra, dove è tornato appena ha potuto. Ora vive a Tortoreto, a due passi dalla spiaggia, insieme alla sua compagna Cinzia.
Mohammed, il detenuto rinato grazie ai volontari
«Cuore volontario», il magazine del Centro Servizi per il volontariato di Teramo che ho l’onore di dirigere, ha raccontato nel numero di marzo 2013 la storia di Mohammed, un detenuto tornato a vivere grazie all’impegno e alla generosità dei volontari. Ripubblico anche qui l’articolo, invitandovi a leggere le altre storie di solidarietà proposte dal periodico a quest’indirizzo: www.csvteramo.it/pubblicazioni.aspx
Giustino fa il volontario in carcere. Mohammed è un detenuto. Giustino aiuta Mohammed a trovare uno spiraglio di luce in una vita buia e, una volta uscito dal carcere, lo accompagna in un autentico percorso di rinascita assicurando a lui e alla moglie, nella struttura che lui stesso dirige, un posto di lavoro. È una storia semplice e bella, che “Cuore volontario” ha scoperto per caso e vi propone tra le storie da incorniciare, tra gli esempi da seguire.
Una tranquilla vita da rocker tra punk e realtà
Tito Fabio Macozzi, 40 anni, teramano, rocker da sempre, da quando aveva tredici anni e iniziò a suonare la chitarra. A sedici mise in piedi la prima band, i “Born Losers” (ovvero i Nati perdenti), e offrì a uno sparuto ed emozionato pubblico un’inedita esperienza di concerto in perfetto stile garage-punk psichedelico. A Teramo erano altri tempi e, soprattutto, altri luoghi. Il concerto si svolse allo Shakidu, lo storico locale di viale Bovio trasformato da qualche anno (andare a vedere per credere) in un garage. «Fu un’eccezione – racconta oggi Tito – visto che all’epoca in città non c’erano locali».
Se il teatro diventa la nostra scuola di vita
Dalla sua scuola, Spazio Tre, provengono attori che calcano oggi le scene nazionali. È stato protagonista di uno sperimentalismo che viene ricordato nei libri di storia del teatro. È amico di registi, attori e scrittori di fama. I suoi spettacoli hanno sempre successo. Il segreto? Ha sempre fatto ciò che voleva fare. Anche il giramondo, per un periodo. E la sua scuola è diventata un serbatoio di energia culturale, un trampolino per la formazione di attori e la“rigenerazione” di tanti cittadini. Ecco un ritratto di Silvio Araclio, teramano di nascita, romano di adozione, leccese per affetto e origine paterna.
Silvio Araclio, come inizia il suo rapporto con il teatro?
«Da ragazzino, attorno ai sedici anni, con qualcuno più grande di me sicuramente, poi per aver visto una serie di spettacoli del Teatro Popolare con Elvano Alberico, scomparso di recente, una figura molto importante nel panorama teatrale regionale».
Storia triste (con casuale lieto fine) di Abraham
Storieabruzzesi.it si è occupato della storia di Abraham, nigeriano, malato, tre dialisi alla settimana dallo scorso maggio, il quale si guadagna da vivere vendendo strofinacci e calze in giro tra Pescara e Chieti.
Nonostante sia invalido al 100%, come da accertamento della Asl, Abraham non ha una pensione. L’Inps di Atri ha infatti rigettato la richiesta perché non ha il permesso di soggiorno di lungo periodo. Abraham avrebbe bisogno di guadagnare almeno 15 mila euro l’anno, ma con la malattia che ha (anche volendo) non ce la farebbe a lavorare né qualcuno lo prenderebbe facilmente dovendosi assentare almeno tre volte alla settimana.
Passione jazz, se la libertà è dentro la disciplina
Proseguono le interviste di Storieabruzzesi.it ai personaggi della cultura teramana e abruzzese. Ecco un ritratto di Paolo Di Sabatino, 43 anni, tra i più apprezzati pianisti e compositori del panorama musicale jazz italiano.
Paolo Di Sabatino, jazzista. Il suo primo contatto con la musica?
«È stato familiare. Mio padre musicista, mio nonno musicista. A sei anni catapultato sul pianoforte. Mio padre è stato il mio insegnante».
Era una cosa che desiderava fare?
«Ho avuto sempre una certa propensione, però il desiderio di farlo quando sei bambino c’è meno. A quell’età hai voglia più di giocare a calcetto con gli amici che di studiare il pianoforte o fare i compiti».
Casa dello studente, condannati quattro tecnici
«È stata fatta giustizia. Il processo ha accertato che il crollo è avvenuto a causa di una colpa umana e non per il terremoto. Oggi sappiamo che la responsabilità è di chi non ha saputo tutelare gli studenti ospitati nell’edificio». È il commento dell’avvocato Wania Della Vigna, legale di quattro dei ragazzi sopravvissuti al crollo della Casa dello studente, in via XX Settembre, a l’Aquila, uno dei luoghi-simbolo della maxi-inchiesta sul terremoto del 6 aprile 2009, dopo la lettura della sentenza che ha inflitto per quei fatti tre condanne a quattro anni di reclusione e una condanna a due anni e sei mesi.
È stato questo il verdetto emesso dal Gup del Tribunale dell’Aquila, Giuseppe Grieco, per il crollo dell’edificio che causò la morte di otto ragazzi e il ferimento di altri 19.