D’Alfonso in Parlamento se Marini dirà sì
Nel panorama, abbastanza modesto, dell’iniziativa politica di centrosinistra in Abruzzo, c’è qualcosa che si fa notare. Questa cosa, anche se qualcuno preferirebbe nasconderla, si chiama Luciano D’Alfonso.
E dire “cosa” conviene perché – lungi dal voler sminuire l’alto concetto legato al sostantivo persona – l’ex sindaco di Pescara (ed ex candidato governatore “in pectore” della bottega Pd & C.) è sempre stato qualcosa di più di un nome per una candidatura. O di un politico per un programma. Sin da quando, ancora vestito coi calzoni corti, studiava nelle aule della Dc come si fa a diventare un nocchiero lungimirante e ascoltato. Soprattutto ascoltato.
Dopo la scomparsa seguita ai guai giudiziari ancora in corso, il suo è un ritorno di fiamma per chi lo segue e lo ama. Pura passione, e lo testimoniano gli attestati di stima che il nugolo di fedeli ammiratori dissemina sulla bacheca di Facebook: un Grande,che voleva fare grande Pescara… Forever the best (per sempre il migliore)… Nave senza nocchiero in gran tempesta… Colui che ha reso grande Pescara e che speriamo possa rendere grande anche l’Abruzzo… eccetera.
C’è una speranza in chi scrive questi post su Fb: che il 45enne sogno politico del centrosinistra abruzzese, bloccato nella sua ascesa alla poltrona di governatore da una legge ad hoc (l’odiata e odiosa “antisindaci”) prima ancora che dai pm di Pescara, sia pronto per la rinascita.
Ma, con la tempesta moralizzatrice in corso (da Berlusconi in giù il vero argomento all’ordine del giorno è il bisogno di etica nella politica), è difficile che D’Alfonso possa coltivare una qualche speranza di sedersi sui banchi di Montecitorio.
E così, come il bambino a cui la maestra raccomanda senza successo di stare buono e fermo al banco, il Luciano abruzzese sbaglia i tempi del suo muoversi. O, forse, sono i tempi ad essere di nuovo sbagliati (e un poco sfortunati) per lui.
Se si andasse ora alle elezioni, infatti, il Partito democratico faticherebbe non poco ad imporre la candidatura di D’Alfonso al posto della parlamentare pescarese Vittoria D’Incecco. E non perché il primo abbia meno chance, anzi, ma perché il Pd dovrebbe impegnare tutte le energie in suo possesso nel difenderlo da quella parte del centrosinistra pronta a sparargli addosso ancor prima di iniziare la corsa. Un candidato accusato di reati contro la pubblica amministrazione? Ma figuriamoci… già immaginiamo commenti & veleni.
Lo statuto del Pd – ci risulta – protegge i suoi membri fino a sentenza passata in giudicato ma, in questo caso, ne siamo sicuri, accamperebbe più di una scusa per fare un’eccezione.
Luciano D’Alfonso ha una sola speranza e questa speranza si chiama Franco Marini. Il saggio del centrosinistra abruzzese potrebbe decidere di appoggiare con forza (e con la forza) il silenzioso braccio di ferro che il suo miglior figlioccio politico sta sostenendo all’interno del partito.
E Marini potrebbe realisticamente farlo perché, da anziano della tribù, è abituato a vederci lungo: se infatti Berlusconi dovesse cadere, chi è pronto a giurare che tutti gli equilibri costruiti dalla piramide verticistica del Pdl non saltino anche in Abruzzo? Gianni Chiodi fa parte di questa piramide e, dunque, è a rischio di saltare come tutti i pezzi del mosaico di Silvio re.
Diciamolo: al di là dei suoi guai giudiziari, al di là dei tempi sbagliati, al di là della sfortuna e persino di quell’atteggiamento così costruito, che lo rende un po’ più finto di quanto non sia in realtà, Luciano D’Alfonso è il miglior asso nella manica per il centrosinistra abruzzese. Anche in vista della ri-conquista della Regione, già sfuggita all’ex sindaco di Pescara per ben tre volte (nel 2000, quando Falconio fu sconfitto da Pace; nel 2002, quando le elezioni rischiarono di essere annullate a causa dell’incandidabilità di Rocco Salini; e nel 2008, per colpa della già citata norma “antisindaci”).
Che questa sia l’occasione buona per una rivincita lo sanno sia il Pd sia D’Alfonso. E non c’è Udc che tenga, anche se il nostro Luciano lo fa ben capire, nel suo porsi come “falegname della politica” bipartisan, che potrebbe essere tentato dai centristi. Già, ma poi come farebbe, una macchina da guerra come D’Alfonso, a giustificare gli ondivaghi giochi del partito di Casini di fronte ai propri sostenitori?
Nicola Catenaro
Analisi lucida, realistica. A meno che non faccia capolino qualche…volenteroso
Sergio D'Agostino
15 Feb 2011 alle 11:58 edit_comment_link(__('Modifica', 'sandbox'), ' ', ''); ?>