Chiodi su ripresa, sanità, rifiuti e inchieste
Di seguito l’intervista rilasciata dal presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, al magazine “Unindustria” di Confindustria Teramo e pubblicata nel numero di febbraio in corso di distribuzione.
Presidente Chiodi, lei propone un Patto per l’Abruzzo: è più alto il sacrificio che chiede al sistema produttivo o il beneficio che promette?
«Il Patto per l’Abruzzo è lo strumento che è nato per contribuire alla ripresa dello sviluppo in questa regione. Questa è l’idea che abbiamo del Patto e su questa impostazione intendiamo andare avanti…»
«… Lo abbiamo chiamato Patto per l’Abruzzo perché riteniamo che in questa fase la classe dirigente regionale debba essere in grado di assumersi le proprie responsabilità e lavorare in un’unica direzione che è quella della ripresa economica e dello sviluppo. Il mio appello investe tutte le forze di questa regione: da quelle politiche a quelle imprenditoriali, da quelle sindacali a tutte le forze sociali che ne compongono il tessutoL’idea di assunzione di responsabilità sta anche a rappresentare un momento di crescita di mentalità e di cultura di questa regione: la condivisione con tutti gli attori principali del sistema produttivo, della politica e del sociale, mi sembra una scelta ineludibile. Non si tratta quindi di un atto che prevede necessariamente sacrifici, né da parte mia ci sono promesse; si tratta, invece, di un percorso comune dove tutti saranno chiamati a mettere sul tavolo proposte concrete dando forma e sostanza a quel principio di responsabilità che è proprio delle classi dirigenti».
Spesso le istituzioni non riescono a impedire la fuga o il declino di grandi imprese in Abruzzo. Pensiamo per esempio a Procter & Gamble, caso recentissimo, o all’Atr. La politica è impotente?
«Le vertenze che riguardano le grandi imprese hanno quasi sempre implicazioni complesse che non possono essere lette in chiave localistica. Mi spiego meglio: le multinazionali o aziende che hanno interessi diversificati e diffusi sul territorio internazionale molto spesso operano scelte di politica industriale che esulano dal contesto nel quale sono collocati i propri insediamenti e soprattutto esulano dalla politica. Le grandi aziende multinazionali mettono in campo strategie industriali che, credo, tengano conto del fatto di operare su mercati con una regolamentazione del lavoro più flessibile. Questo conferma che oggi la rigidità del nostro sistema nel suo complesso non lo rende appetibile e competitivo tale da essere in grado di mantenere i livelli occupazionali. Si tratta dunque di scelte centrali che sfuggono ad ogni volontà politica, ma non per questo, di fronte ad oggettive difficoltà, ci tiriamo indietro nell’avviare vertenze occupazionali con le grandi imprese».
Il 2011, appena iniziato, sarà un buon anno secondo lei per le imprese abruzzesi?
«Sotto questo punto di vista i segnali sono incoraggianti. I dati del 2010 registrano un’inversione di tendenza che ci dà speranza per il futuro e per quest’anno. Il settore manifatturiero ha fatto registrare indici di crescita dell’export molto rilevanti, che vedono l’Abruzzo prima regione in Italia. Sul fronte occupazionale registriamo ancora difficoltà, proprio perché è ancora viva una crisi economica tra le più dure dopo il 1929. E comunque abbiamo dato risposte anche su questo fronte con il progetto “Lavorare in Abruzzo” che ha creato 5700 posti di lavoro di cui la metà a tempo indeterminato e, sempre per sostenere le imprese, abbiamo pubblicato bandi per lo sviluppo pari a 124 milioni di euro. È una “ripresina” che dobbiamo consolidare e rafforzare per non perdere il treno dello sviluppo. Sono certo che è questo il momento, non solo politico, delle scelte importanti. E su questo terreno mi piace segnalare lo sforzo della Regione che ha collocato nel fondo per investimenti per le Piccola e media impresa risorse finanziarie per 80 milioni di euro. E’ una cifra considerevole, in ragione anche delle difficoltà di bilancio che abbiamo, e che risulta essere, secondo una recente inchiesta del Sole 24 ore, tra le più considerevoli in ambito nazionale».
Le inchieste giudiziarie hanno inflitto un duro colpo d’immagine all’Abruzzo, colpendo vecchi e nuovi governi regionali. Lei sente di essere ostacolato in quello che vorrebbe o potrebbe fare per l’Abruzzo?
«La politica di questo governo regionale non si sente affatto condizionata o ostacolata dall’azione della magistratura abruzzese o dalle inchieste ancora aperte. Una qualsiasi forma di condizionamento in tal senso sarebbe la fine della politica. La magistratura fa il suo lavoro in assoluta indipendenza, la politica porta avanti la propria idea di amministrazione in assoluta indipendenza e, aggiungo io, nel rispetto della legalità. Questa è la mia idea di politica a di amministrazione attiva e posso dire che finora ci siamo mossi avendo sempre a mente questi due punti».
Due ombre sull’Abruzzo: la sanità e i rifiuti. Quando ce ne libereremo?
«Non sono ombre, ma sono problemi che la politica deve affrontare e risolvere. Sulla sanità abbiamo avviato un percorso difficile e per certi aspetti impopolare, ma che, sono convinto, produrrà i suoi benefici nel tempo. Questo governo regionale si è assunto la responsabilità di affrontarli, a differenza di quanto hanno fatto i precedenti amministratori. Sulla sanità la questione non era più rinviabile; con il governo abbiamo concordato un piano operativo che porterà ad una riduzione dei costi migliorando la qualità dei servizi. I nostri punti di riferimenti sono: abbassamento e riduzione dei costi e innalzamento della qualità per offrire risposte certe ai cittadini ogni qual volta ci sarà un’esigenza, senza dover affrontare “viaggi della speranza” fuori regione. E non è un caso se il nostro piano di risanamento è preso ad esempio a livello nazionale, così come non è un caso che i saldi della sanità regionale, legati ad una forte riduzione dell’indebitamento a cominciare dai disavanzi delle Asl che si sono dimezzati, in due anni – 53 % e che rientrano a pieno titolo nei parametri imposti dal governo. Tant’è che l’Abruzzo è l’unica regione in Italia di quelle sottoposte a Piano di rientro sanitario che non ha avuto l’imposizione da parte del governo ad aumentare le tasse ai cittadini. È un percorso lungo e complesso che come classe politica dirigente di questa regione abbiamo il dovere di affrontare. Anche sul fronte dei rifiuti questo governo regionale ha deciso di intervenire con politiche chiare. È di qualche giorno fa la pubblicazione di un bando europeo per l’individuazione di discariche fuori dal territorio regionale e nazionale per lo smaltimento dei rifiuti. Accanto ad un’azione di prevenzione dell’emergenza, c’è poi un’idea chiara su come affrontare il problema rifiuti: stimolare e agevolare la raccolta differenziata nei comuni puntando nel contempo sulla termovalorizzazione. Sul primo punto, vi dico che questo è possibile e vi porto l’esperienza degli anni in cui sono stato sindaco di Teramo dove la raccolta differenziata è passata dall’8 al 40% circa, con un ulteriore potenziamento (oltre il 60 %) sotto l’attuale amministrazione comunale. Anche in questo caso si tratta di un percorso obbligato, in grado di rendere virtuoso il ciclo dei rifiuti per generare un’opportunità di ricchezza per l’intera regione. E in questo senso deve essere letta l’intesa sottoscritta con il Cnr per cercare soluzioni per una termovalorizzazione con sistemi innovativi non impattanti. Puntiamo ad avere come punto di riferimento le eccellenze dei Paesi più avanzati: dobbiamo guardare alla Svezia e ai paesi scandinavi, dove è molto alta l’attenzione verso problematiche ambientali. In questi paesi si ricicla il 50% dei rifiuti e l’altro 50% va nei termovalorizzatori e non certamente alla Bulgaria che tutto il proprio pattume lo smaltisce in discarica».
Nicola Catenaro