Professione coach, allenatore dei sogni
Giannicola De Antoniis, professione coach. Che, nel basket e in altri sport, significa allenatore. Nel suo caso, aiuta altri a realizzare gli obiettivi ed a crescere non in campo ma nel lavoro e nella vita di tutti i giorni. A Notaresco ha realizzato un’esperienza innovativa portando, per la prima volta in Abruzzo, l’esperienza del coaching tra impiegati comunali e insegnanti.
Cosa significa essere un coach?
«Coach è un termine che viene dall’inglese medioevale e che significa carrozza. Con la carrozza tu vai, ti sposti da un punto ad un altro…
… Nel nostro caso il coach è uno strumento in mano al cliente, e non il contrario, una specie di taxi moderno, metaforicamente parlando, con il quale si parte da un punto, definito stato attuale, e si arriva ad un altro punto, che è lo stato desiderato. Il coach ti aiuta a fare luce sulle tue risorse e sulle tue capacità affinché tu possa raggiungere l’obiettivo desiderato, cioè quello che le persone definiscono per se stesse importanti».
In Abruzzo hai lavorato molto a Notaresco sperimentando l’eperienza di coaching. In quali ambiti?
«In Comune e a scuola, due interessanti iniziative promosse dal consigliere Luca Mettimano che hanno coinvolto una decina di insegnanti e una decina di dipendenti. Il percorso è durato un tre-quattro mesi per ogni ambito ed ha avuto come obiettivo la riconquista della leadership personale, che significa diventare leader di se stessi, riappropriandoci di qualcosa che è già nostro. Spesso non ci rendiamo conto di avere delle capacità importanti, molto utili per raggiungere degli obiettivi e per aiutare altri a raggiungere degli obiettivi, ma che non utilizziamo solo perché non le abbiamo mai allenate».
Qual è il percorso?
«I due assi sono definire i valori e individuare l’obiettivo. In mezzo, ovviamente, dobbiamo metterci le risorse. Dobbiamo capire come utilizzare al meglio i nostri valori per raggiungere l’obiettivo. E qui entra in gioco in maniera continuativa il lavoro del coach, che deve offrire strumenti pronti all’uso affinché tu possa utilizzare, in base ai tuoi valori, quelle risorse per ottenere degli obiettivi».
Quali risultati si ottengono?
«Dall’esterno si percepisce subito maggiore sicurezza e capacita di esprimere le proprie idee, maggiore coraggio, maggiore capacità di mettere in pratica quei pensieri, quei sentimenti, quelle parole che diventano azioni nel momento in cui hai la consapevolezza di poterle realizzare».
Dove nasce il coaching?
«Si tratta di un’esperienza che nasce in America ma di fatto risale ad un’epoca molto antecedente. È l’esperienza della maieutica dell’antica Grecia. Socrate era colui che con le domande risvegliava un popolo addormentato, come lo chiamava lui. Il discorso è proprio questo: la programmazione neurolinguistica, la neurosemantica, le specializzazioni nelle quali io negli anni mi sono avventurato, partono da un sistema non aristotelico ma socratico. Il discorso è che la conoscenza, la consapevolezza non è una linea retta con degli step da raggiungere ma, sempre metaforicamente, è un cerchio, una sfera e la consapevolezza arriva da qualsiasi parte di questa sfera. Dunque non c’è un inizio né una fine, ma c’è un movimento ciclico entro il quale il centro non si sa dov’è e il diametro intorno non si capisce quanto sia grande. L’unica cosa che possiamo fare è sviluppare, andare alla ricerca di nuovi orizzonti, superare quei limiti che siamo noi stessi a porci. Abraham Maslow (psicologo statunitense, ndr) diceva che gli esseri cosiddetti autorealizzati non sono quelle persone che hanno più degli altri, ma quelle persone alle quali non è stato tolto nulla».
In Italia chi fa coaching?
«Siamo in pochi. Non saprei dire quanti, perché ad Imola da qualche anno i dottori Lucia Giovannini e Nicola Riva, con i quali io mi sono specializzato, hanno aperto una scuola, una libera università di crescita evolutiva, che è sotto l’egida dell’istituto internazionale di neurosemantica diretto dal dottor Micheal Hall, che viene considerato l’Albert Einstein delle neuroscienze. In questa università, ogni anno, vengono rilasciati circa 10-15 licenze per trainer e coach di programmazione neurolinguistica e di neurosemantica riconosciute dall’istituto. Diverse pubbliche amministrazioni hanno fatto esperienza di coaching. Noi abbiamo calibrato l’obiettivo sulla leadership personale e sull’innovazione, ma gli ambiti sui cui si può lavorare possono essere tantissimi».
Nicola Catenaro