«La solidarietà, il sale della vita»
Ernesto Olivero, nel 1964, fonda a Torino il Sermig (Servizio missionario giovani) e dà vita a una comunità che, da allora, serve a tempo pieno poveri, emarginati e persone bisognose. Dal 1983 la comunità trova la sua sede nel vecchio arsenale militare di Torino, una ex fabbrica di armi trasformata in Arsenale della pace grazie all’aiuto che viene offerto gratuitamente da tanti giovani. Dal 1986 è presente anche a San Paolo, in Brasile, con un centro di accoglienza per chi emigra dalle periferie alla città alla ricerca di opportunità, e nel 2003 apre in Giordania l’Arsenale dell’Incontro, in cui accoglie bambini, diversamente abili, musulmani e cristiani, offrendo loro cure mediche, inserimento scolastico, laboratori per l’avviamento al lavoro. Negli Arsenali vengono accolte mediamente oltre cinquemila persone al giorno e sfamate circa tremila. Quella che segue è l’intervista che Ernesto Olivero ci ha concesso in occasione dell’incontro con giovani e studenti – promosso da Comune e Centro Servizi per il volontariato di Teramo insieme alla Diocesi di Teramo-Atri – sul tema “Tra solidarietà e volontariato: vite rinnovate”.
Se ripartisse da oggi con l’esperienza del Sermig, da dove ripartirebbe?
«Credo che se uno potesse tornare indietro, si spaventerebbe perché sa che troverebbe tradimenti e persone che te ne fanno di tutti i colori. La paura, con ogni probabilità, lo accompagnerebbe maggiormente. Tuttavia, se io tornassi indietro, rifarei le stesse cose, perché le cose brutte che mi sono capitate non mi hanno piegato. Mi hanno fatto capire meglio la vita, mi hanno fatto capire meglio le cose che non bisogna fare. Se tornassi indietro e sapessi che poi arriveremmo dove siamo arrivati, correrei ancora più forte perché forse faremmo delle cose ancora più belle».
Viviamo in un mondo dove i valori sono spesso misurati con il metro monetario. Come possono i giovani invertire questa logica?
«I giovani hanno una grande possibilità, di entrare in politica e non farsi corrompere e non corrompere. Di diventar preti e dire: o santo o niente. Di diventare scienziati ed entrare sempre di più, con stupore, nei segreti della natura, della vita, della creazione e metterli al servizio delle persone che ne hanno bisogno. Oggi i giovani hanno la grande possibilità di cambiare delle cose che sembrano non cambiabili».
Come per esempio trasformare una fabbrica di armi in un Arsenale della pace, come avete fatto a Torino?
«Beh, noi ci abbiamo creduto quando siamo entrati. Me lo ricordo come se fosse oggi: era il 2 agosto del 1983. Dicevano che ci volevano 100 miliardi di vecchie lire, cinquanta milioni di euro. E noi non avevamo una lira in tasca. Ma noi avevamo un sogno. E siamo andati dietro al sogno e non ci siamo fatti piegare o corrompere da nessuno. Così il sogno è diventato realtà. E quello è un preannuncio che tutte le cose negative possono diventare positive. Ma non bisogna staccarsi dal sogno».
Solidarietà e volontariato: che differenza c’è tra questi due concetti e come possono entrambe le cose cambiare la vita di tutti noi?
«Non mi piace la parola volontariato, non mi è mai piaciuta perché dà l’idea che oggi ci sono e domani non ci sono. Mi piacerebbe che qualcuno inventasse un altro termine che dice: ci sono. La solidarietà è il sale della terra, il sale della vita, ma ha bisogno di persone che ci sono, fedeli, non di persone eccezionali. Le persone eccezionali sovente fanno dei guai. Le persone normali, se restano nella normalità, con la solidarietà possono cambiare le cose».
Nicola Catenaro
Pubblicato su “L’Araldo Abruzzese” del 29 gennaio 2012