Don Elvis, il prete con la passione per il rock
A guardarlo con cappellone da cowboy e stivali mentre intona con voce calda ed esperta le sue canzoni preferite, nessuno direbbe mai che il musicista Antoniu Petrescu, in arte don Elvis, originario di Bucarest, è in realtà un prete con la passione incontenibile per il rock e il country. Sul suo sito ci sono due pagine: una dedicata al sacerdote e una all’artista.
La sua vita si divide tra funzioni religiose e concerti in piazza. Ad Avezzano (L’Aquila) sono in molti ad attendere per il 7 luglio la presentazione del suo nuovo disco, il quarto della serie per il vice parroco della comunità cittadina di San Giovanni. La nuova fatica si intitola “Don Elvis Country”, un omaggio ai grandi e alle grandi interpreti femminili del genere musicale americano.
Un percorso, quello artistico, parallelo alla sua vocazione. Come racconta lo stesso Antoniu, la sua ricercareligiosa inizia nel 1988, a sedici anni, quando, scettico di fronte all’invito di pregare sant’Antonio di Padova per ottenere un miracolo, chiede al popolare santo (da fan di Elvis Presley qual era) che “The King” venga mandato in onda sulla rete nazionale la domenica successiva. Cosa che accade realmente nonostante le strette maglie della censura di Ceauşescu in Romania. Dopo il seminario, approda ventenne in Italia. Qui inizia gli studi universitari al Pontificio Collegio Leoniano di Anagni (Frosinone) e, nel 1999, consegue la licenza in Teologia con specializzazione in Ecclesiologia Pastorale. Viene ordinato sacerdote nel 2004 nella cattedrale di Avezzano e, da allora, opera al servizio della diocesi. Fin qui il sacerdote. Se invece si butta un occhio al curriculum musicale, si scopre che la carriera di don Elvis è già ricca di traguardi e collaborazioni interessanti oltre che di concerti, apparizioni televisive e, in alcuni casi, di partecipazioni ad eventi-tributo a Presley.
Benvoluto soprattutto dai giovani, don Elvis non sempre riesce a evitare le critiche di chi, tra gli adulti, lo bacchetta per il suo hobby considerato poco in linea con quella che dovrebbe essere la sobrietà di un prete. Chi lo difende replica che il sacerdote-artista esprime anche così la propria fede (le sue canzoni sono chiaramente di ispirazione religiosa), attirando verso la chiesa tanti ragazzi. «Io dico per prima cosa che preti si diventa e non si nasce – commenta l’interessato – e io, che provengo da una famiglia di musicisti, ho coltivato sin da bambino la passione per la musica americana. È come se ce l’avessi nel sangue e, suonandola, riesco a esprimermi al meglio. Non pretendo di piacere a tutti e distinguo bene il mio ruolo di sacerdote da quello di artista. Insomma, evito accuratamente di fare confusione». Problemi con la Chiesa non ci sono, tutto fila liscio. O quasi. «Dire che abbia avuto contestazioni o richiami in merito sarebbe una bugia – precisa -. Forse solo un invito a ridimensionare l’attività artistica per dare maggiore spazio a quella sacerdotale». Don Elvis non ha la presunzione di avvicinare con la musica i giovani («la mia non è una pastorale alternativa, il mio compito è solo quello di seminare») ma ammette che la chiesa andrebbe «svecchiata». A cominciare dalla musica liturgica, che potrebbe annoverare, perché no, anche classici rock. Ma è lo stesso Antoniu a non crederci. «Solo fra cent’anni, forse, qualcosa cambierà».
Nicola Catenaro
Pubblicato il 30 giugno 2012 su Corriere.it
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