«Salvatore condannato in un deserto probatorio»
«L’ergastolo è una pena smisurata rispetto al deserto probatorio della sentenza, il giudice ha condannato con il dubbio quando invece con il dubbio si assolve». Sono i primi commenti che Valter Biscotti, Nicodemo Gentile e Federica Benguardato, legali di Salvatore Parolisi, il caporalmaggiore condannato all’ergastolo per l’omicidio della moglie Melania Rea, uccisa con 35 coltellate il 18 aprile 2011 in un boschetto nei pressi di Ripe di Civitella, hanno rilasciato ai giornalisti nel corso della conferenza stampa convocata lunedì mattina a Teramo.
Gli avvocati hanno parlato per oltre un’ora approfondendo i contenuti del provvedimento con il quale, al termine del rito abbreviato, il gup Marina Tommolini ha comminato a Parolisi la massima pena prevista dal codice penale.
«Siamo andati a trovare Salvatore questa mattina – hanno detto – e lo abbiamo trovato molto preoccupato, ci ha detto che pensava di essere giudicato da un giudice e non da uno psicologo e che non sa come difendersi. La motivazione della sentenza non ci convince perché dà certi alcuni presupposti che certi non sono. Basta leggere le ultime pagine per rendersi conto di quante volte il giudice, nel ricostruire la vicenda, utilizzi avverbi di dubbio come verosimilmente, presumibilmente, probabilmente. Se apriamo il processo alla fantasia, non servono neanche gli avvocati».
Secondo i legali di Parolisi, sarebbero serviti al contrario un approfondimento tecnico sugli indizi di colpevolezza e un profilo tecnico sul movente, inoltre il giudice avrebbe completamente taciuto sulle indagini svolte dagli uomini del Ris e sulla presenza di altri sulla scena del delitto oltre ad aver compiuto macroscopiche sviste come scambiare un’impronta di calzatura su una delle tavole del chiosco per l’impronta di una mano. Lacune, errori e in alcuni casi forzature (come il presunto stato di eccitazione del caporalmaggiore alla vista della moglie seminuda nell’atto di urinare nel bosco) che, ha sottolineato Biscotti, lasciano «ampi spazi per un appello vincente e siamo convinti che ciò accadrà. La battaglia è ancora lunga».
Gentile ha riconosciuto come il gip Tommolini «non abbia negato nulla in termini di garanzie alla difesa durante la fase dibattimentale» e, inoltre, come sia stato l’unico giudice a rilevare «alcune anomalie nell’alibi e nelle consulenze scientifiche con cui l’accusa sosteneva le proprie tesi». Tuttavia, «pur accogliendo in parte le nostre argomentazioni e di fatto non accogliendo quelle del pm, ha superato queste ultime costruendo una sorta di teorema privato che difficilmente potrà reggere. Siamo dispiaciuti per Salvatore: come nella favola del lupo e dell’agnello di Fedro, cambia la sceneggiatura ma il lupo rimane sempre colpevole. È vero che ha detto tante bugie ma lo ha fatto per un atteggiamento difensivo, questo non può giustificare tutto».
Gli avvocati di Parolisi, che presenteranno nelle prossime settimane il ricorso in appello, hanno annunciato l’intenzione di chiedere un processo aperto in modo da coinvolgere anche l’opinione pubblica su questa vicenda. L’avvocato Benguardato, infine, ha sottolineato come il consulente tecnico del giudice tutelare presso il tribunale di Nola abbia stabilito l’importanza di una «immediata ripresa degli incontri tra Salvatore e la figlia».
Nicola Catenaro
Da Corriere.it del 7 gennaio 2013 | 14:48
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