Casa dello studente, condannati quattro tecnici
«È stata fatta giustizia. Il processo ha accertato che il crollo è avvenuto a causa di una colpa umana e non per il terremoto. Oggi sappiamo che la responsabilità è di chi non ha saputo tutelare gli studenti ospitati nell’edificio». È il commento dell’avvocato Wania Della Vigna, legale di quattro dei ragazzi sopravvissuti al crollo della Casa dello studente, in via XX Settembre, a l’Aquila, uno dei luoghi-simbolo della maxi-inchiesta sul terremoto del 6 aprile 2009, dopo la lettura della sentenza che ha inflitto per quei fatti tre condanne a quattro anni di reclusione e una condanna a due anni e sei mesi.
È stato questo il verdetto emesso dal Gup del Tribunale dell’Aquila, Giuseppe Grieco, per il crollo dell’edificio che causò la morte di otto ragazzi e il ferimento di altri 19.
Le condanne a quattro anni di reclusione riguardano Bernardino Pace, Pietro Centofanti e Tancredi Rossicone, i tecnici autori dei lavori di restauro eseguiti nel 2000. Due anni e mezzo sono stati invece inflitti a Pietro Sebastiani, tecnico dell’Azienda per il diritto agli studi universitari (Adsu). Assolti Luca D’Innocenzo e Luca Valente, all’epoca rispettivamente presidente e direttore dell’Adsu, e Massimiliano Andreassi e Carlo Giovani, responsabili di interventi minori. Il giudice ha invece riconosciuto il non luogo a procedere per Giorgio Gaudiano, che negli anni ’80 acquisì la struttura da un privato per conto dell’ateneo aquilano, e Walter Navarra, che in passato eseguì anche lui lavori minori.
Per i quattro condannati, per i quali anche il pm Fabio Picuti aveva chiesto quattro anni definendo la struttura della Casa dello studente fragile come un «castello di carte», il giudice ha disposto anche il pagamento di 2 milioni di euro di provvisionale ai parenti delle vittime e l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Secondo l’accusa, i lavori avrebbero ulteriormente indebolito la palazzina, che già presentava vizi all’epoca della sua costruzione negli anni ’60. Circostanza confermata dal perito del tribunale, Maria Giovanna Mulas, docente del Politecnico di Milano, che ha presentato una relazione di 1.300 pagine. Gli indagati per omicidio colposo, disastro colposo e lesioni erano inizialmente quindici, quattro dei quali deceduti. Poi la posizione del progettista Claudio Botta, 92 anni, è stata stralciata. «Ero convinto di quello che avevo chiesto, sono soddisfatto» ha dichiarato il pm titolare dell’inchiesta Fabio Picuti, subito dopo la lettura del dispositivo della sentenza emessa dal Gup, che ha accolto in pieno le richieste avanzate dall’accusa.
Commozione ma anche rabbia, in aula, da parte di chi si aspettava provvedimenti di condanna più severi ed estesi a un numero maggiore di persone. Ma i legali delle persone condannate sono già pronti a ricorrere in appello. Si dovranno comunque attendere le motivazioni del giudice Grieco, che arriveranno tra 90 giorni. Un processo durato due anni e mezzo che, ora, promette ulteriori strascichi. «Avvieremo un procedimento civile contro la Regione Abruzzo – annuncia l’avvocato Della Vigna – che dovrà rispondere in qualità di proprietaria dei danni causati per le condizioni in cui era l’edificio».
Nicola Catenaro
Da Corriere.it del 16 febbraio 2013
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