Passione jazz, se la libertà è dentro la disciplina
Proseguono le interviste di Storieabruzzesi.it ai personaggi della cultura teramana e abruzzese. Ecco un ritratto di Paolo Di Sabatino, 43 anni, tra i più apprezzati pianisti e compositori del panorama musicale jazz italiano.
Paolo Di Sabatino, jazzista. Il suo primo contatto con la musica?
«È stato familiare. Mio padre musicista, mio nonno musicista. A sei anni catapultato sul pianoforte. Mio padre è stato il mio insegnante».
Era una cosa che desiderava fare?
«Ho avuto sempre una certa propensione, però il desiderio di farlo quando sei bambino c’è meno. A quell’età hai voglia più di giocare a calcetto con gli amici che di studiare il pianoforte o fare i compiti».
Le tappe quali sono state?
«Studio canonico del pianoforte classico al Cedem, storica scuola teramana di cui mio padre Vincenzo era socio insieme a Marco Renzi e Franco Partenza. Quindi mi sono diplomato in pianoforte e ho iniziato a fare il jazzista».
L’incontro con il jazz come è avvenuto?
«Sempre a casa. Ascoltavo i dischi di mio padre, Count Basie, Duke Ellington, Frank Sinatra, Bill Evans, insieme a quelli di Bach, Mozart e Beethoven. Un percorso parallelo tra la musica classica e la musica jazz. Poi ho scelto il jazz».
Cosa rappresentava allora e cosa rappresenta adesso per lei il jazz?
«All’inizio una sorta di utopia. I musicisti che ascoltavo sembravano inarrivabili dal punto di vista tecnico. Ora che sono un professionista, il jazz è sia ciò che mi dà da mangiare sia ciò che mi apre il cuore. Qualcosa che sento soprattutto durante i concerti, nel contatto e nel dialogo con il pubblico».
Dal punto di vista dell’emozione, cosa le offre di più adesso?
«Sono aumentate la consapevolezza e l’esperienza, ma la passione e la voglia di condividere la mia musica con gli altri sono le stesse».
Se pensa al jazz, a cosa pensa? Quale definizione le assegnerebbe?
«Potrei definirla come libertà assoluta, ma il jazz è fatto comunque di una struttura definita entro la quale puoi improvvisare. È la libertà dentro la disciplina, una cosa molto particolare che mi piace molto. Non parlo ovviamente di free jazz, che è libertà totale, un genere che non ho mai affrontato e da cui non sono attratto».
Quale dei suoi ventiquattro dischi è più importante per lei?
«È come chiedere a un padre quale figlio (risate…)».
Sì, ma se dovesse scegliere…
«Il disco dedicato a mia figlia, ‘Le canzoni di Caterina’, uscito con la mia etichetta giapponese; il disco con John Patitucci e Horacio Hernandez, che mi ha dato una certa visibilità a livello internazionale; il disco con Alfredo Impullitti; il disco che porta il mio nome, uscito con le edizioni del Manifesto e dedicato al mio amico Ernesto Di Nicola (insegnante teramano, venuto a mancare in seguito a un incidente avvenuto nel 2001 in Eritrea, ndr), scomparso una settimana prima dell’incisione. Con Ernesto ho condiviso l’esperienza dell’Interamnia Jazz festival, che ho organizzato a partire dal 1996 per una decina d’anni, e di Itinerari Sonori Jazz a Bellante».
Il ricordo più piacevole dell’Interamnia Jazz festival?
«Il concerto di Michel Petrucciani, estate 1998».
La impegna ancora l’attività di organizzatore?
«Sto curando una rassegna a Borgo Spoltino, a Mosciano: aiuto Gabriele Marrangoni e Mauro Angeloni a portare qui qualche artista. A fine maggio organizzerò alcuni concerti per celebrare la figura di mio nonno, Pietro, un compositore di bellissime musiche per orchestra poco conosciuto a Teramo».
Che rapporto ha con Teramo, la sua città?
«Non posso dire che sia un rapporto malvagio. Ma ho un desiderio: mi piacerebbe, lo dico come provocazione, fare per qualche anno l’assessore alla Cultura della mia città. È assurdo che Teramo non ce l’abbia. Nutro affetto per Guido Campana, ma lui è l’assessore agli Eventi e non alla Cultura».
La prima cosa che farebbe da assessore alla Cultura?
«Un teatro. Un teatro serio. Ma non un teatro nuovo con gli stessi posti del cineteatro Comunale. Qui manca un teatro più grande, con almeno 1.000-1.200 posti. Lo farei modulare, con all’interno la possibilità di avere un auditorium di 3-400 posti, una misura media che a Teramo non c’è».
Cosa rimprovera alla sua città?
«Che a volte siamo un po’ troppo legati al nostro orticello. Non riusciamo a coordinarci per fare un discorso univoco, per remare tutti dalla stessa parte e cambiare le cose. Troppo spesso qui non si riesce ad esprimere sincera gioia per i successi altrui. È assurdo che l’uno pensi dell’altro: ma dove vuole andare? chi si crede di essere? Invece dovremmo iniziare a collaborare. È un sogno per il futuro».
Con quale degli artisti con cui ha collaborato è entrato più in sintonia?
«Fabio Concato e Grazia Di Michele. Due persone piacevolissime».
Progetti per il futuro?
«Il cd ‘Distant Look’ in uscita per la prestigiosa etichetta italiana ‘Via Veneto Jazz’ con il chitarrista John Abercrombie, Luca Bulgarelli al contrabbasso e Glauco Di Sabatino alla batteria. E la collaborazione in corso con Altan, il disegnatore, a cui ho fatto ascoltare le ninne nanne scritte per i miei figli. A lui sono piaciute e sulla base delle mie musiche ha scritto i testi e farà i disegni. Faremo una pubblicazione con il cd allegato, a cantare sarà Federica Vincenti, la moglie di Michele Placido».
Chi è
Studia pianoforte sin da piccolo sotto la guida del padre e si diploma a 20 anni al conservatorio di Bari, con il massimo dei voti oltre alla lode e la menzione speciale. Oltre a essere un pianista jazz, Di Sabatino è anche compositore (Mario Biondi, Michele Placido, Grazia Di Michele) e arrangiatore (Antonella Ruggiero, Grazia Di Michele).
A partire dal 2010 compare spesso con Antonella Ruggiero, oltre che nei cd “Souvenir d’Italie” e “I Regali di Natale”, anche in esibizioni dal vivo; partecipa ai tour della cantante dal 2007 anche insieme a Renzo Ruggieri. Dal 2008 incide per l’etichetta giapponese Atelier Sawano. Ha inciso ventiquattro dischi. È docente e coordinatore del dipartimento di jazz al conservatorio dell’Aquila.
Intervista pubblicata il 21 febbraio 2013 su “La Città”