A Pagliaroli la polenta buona come nell’Ottocento
La polenta buona come una volta. La polenta cucinata con il mais che i nostri bisnonni, i nostri nonni e forse ancora i nostri genitori gustavano. E che qui si è fermata, visto che già figli e nipoti non hanno avuto la fortuna… La polenta che non c’è più. Buona e genuina come solo nell’Ottocento… Forse è stata colpa (o merito) di questa latente nostalgia se la Pro Loco di Pagliaroli, frazione del comune di Cortino (Teramo), ha deciso di dare un contributo alla salvaguardia della biodiversità con un’iniziativa per il recupero e la messa in rete della coltivazione del mais nostrano.
Tutto è partito dal recupero del seme, che fortunatamente alcuni agricoltori locali avevano conservato. Il seme del mais nostrano è stato piantato grazie ad alcuni volenterosi ed è stato così possibile di nuovo assaggiare la polenta di una volta oltre che, come era nelle intenzioni della Proloco, dar vita a una filiera produttiva che muove dall’origine fino al prodotto finito passando attraverso i processi di raccolta, trasformazione e di conservazione.
Il mais, ricordano i volenterosi della Pro Loco di Pagliaroli, non è solo polenta o pannocchie arrosto…
… infatti dal mais possono derivare anche borse e sottopiatti (realizzate con le foglie secche ed intrecciate); farina per dolci, biscotti e pane; amido per cosmetici; bioplastica per sacchetti, buste, bottiglie e tutto biodegradabile al 100%; olio di semi; mangimi o lettiera per animali da stalla (ricavati dalla canne del mais). Inoltre, l’interno della pannocchia (il tutolo triturato) può essere usato per costruire lettiere per piccoli animali da appartamento o per lucidare metalli o diventare combustibile per stufe a legna.
Mauro Di Matteo, vice presidente della Proloco di Pagliaroli, ci parla del mais nostrano e di come gli agricoltori locali lo coltivassero fino agli anni Settanta. Poi, con l’avvento di altri semi introdotti per favorire le grandi coltivazioni, è quasi scomparso. «Però gli agricoltori della zona hanno continuato a coltivarlo per i loro usi – spiega Di Matteo – e così siamo riusciti a ricavare un quantitativo di circa cento chili sufficiente per quattro ettari di terreno». Il progetto della Proloco ha dato buoni frutti.
«Il mais nostrano – prosegue Di Matteo – non soddisfa le esigenze di una produzione intensiva ma di sicuro ha qualità che il granturco di oggi non ha: la possibilità di essere utilizzato fresco o secco, pannocchia arrostita o farina per la polenta per intenderci (cosa che non è possibile fare con i semi tradizionali, che hanno una destinazione precisa all’origine, ndr); la resistenza sia alle avversità meteoriche sia ad altitudini elevate; e, infine, il sapore. La pannocchia di ieri è più piccola ma più buona. Grazie a questa iniziativa, abbiamo reintrodotto un prodotto che era scomparso dal nostro territorio e abbiamo legato alla sua coltivazione una serie di iniziative finalizzati alla riscoperta delle tradizioni, degli usi e del folklore locale».
Per ulteriori informazioni, contattare la Pro Loco di Pagliaroli: email: prolocopagliaroli@libero.it
Nicola Catenaro