L’informatico che porta il mondo nella città distrutta
Il suo nome è Graziano Di Crescenzo, ha trent’anni ed è un informatico con la passione per la geomodellazione. Sviluppa applicazioni e mappe 3D e tour virtuali. Un percorso di studi, il suo, equamente diviso tra pc e beni culturali. Tra cartografia online e monumenti reali. È l’ideatore del progetto “Hello L’Aquila” (www.hellolaquila.it) fruibile su Google Maps. Un tour virtuale del capoluogo abruzzese come si presenta oggi, a cinque anni dal sisma del 6 aprile 2009. In tre mesi, dotandosi pazientemente di tutti i permessi necessari per entrare nella zona rossa, Di Crescenzo ha scattato migliaia di fotografie. Che sono diventate le oltre 400 immagini panoramiche del tour.
Di Crescenzo, ma come ha iniziato a collaborare con Google?
«Ho iniziato con la modellazione 3D delle chiese abruzzesi, inserite successivamente nella piattaforma di Google Earth. Poi questa collaborazione si è ampliata».
Come si gestisce una collaborazione di questo genere?
«Google mette a disposizione le piattaforme, gli utenti possono interagire inserendo contenuti. Fino a un certo punto la cosa è semplice, poi c’è bisogno di una preparazione e di una tecnica non comuni».
Le piace, è contento?
«È un’attività che mi regala molte soddisfazioni. Nel 2011, in occasione del Google Geo User Summit di Barcellona, il grande meeting di Google per le applicazioni geografiche, eravamo soltanto in due dall’Italia a partecipare per il settore geomodellazione, quel particolare tipo di modellazione 3D specifico per Google Maps e Google Earth».
Come riesce a fare promozione turistica e territoriale attraverso Google?
«Io ho iniziato proponendo ai miei clienti di essere presenti sulla piattaforma di Google Earth in 3D. Tecnologia e promozione territoriale in questa maniera riescono ad andare a braccetto. Se investiamo in questo settore, il riscontro in termini di promozione turistica ci sarà».
L’informatica applicata al patrimonio che altri benefici può offrirci?
«Tanti. Basti pensare a quanto di turistico conosciamo di altri Paesi, spesso visti solo in tv. Quello che i tour virtuali riescono a fare, con un semplice collegamento ad Internet, è incredibile e soddisfa pienamente l’esigenza di visitare i luoghi prima ancora di vederli dal vero. E se puntiamo sull’informatica, i risultati si vedranno. I progressi in questo senso sono rapidissimi. Lo vedo ogni giorno dall’aumento impressionante degli utenti mobile (quelli che per collegarsi a Internet usano lo smartphone, ndr), cosa fino a poco tempo fa impensabile».
Com’è nato il progetto “Hello L’Aquila”?
«Dall’idea di creare il più grande tour virtuale mai esistito, un tour che comprendesse una città intera, L’Aquila appunto».
E come ha fatto concretamente?
«Da gennaio a marzo ho scattato migliaia di fotografie della città e in particolare del centro storico. Preventivamente mi ero dotato di tutti i permessi necessari per entrare anche nelle zone inaccessibili. Le immagini sono state georeferenziate e caricate sulle mappe di Google, approvate dal team di Google Maps e collegate tra loro in modo da creare un’unica grande rete nella quale le possibilità di muoversi liberamente sono praticamente infinite. Il tour virtuale è disponibile su pc, smartphone e tablet, utilizzando i comuni browser web. Naturalmente lo si può trovare in Google Maps».
Prima del tour virtuale di Hello L’Aquila, cosa era possibile visualizzare su Google?
«Le foto presenti in Google Street View, scattate nell’agosto del 2008. L’unico aggiornamento post-sisma, riguardante piazza Duomo e un breve tratto di corso Vittorio Emanuele, venne fatto nel maggio 2011. Ora, invece, è possibile visitare virtualmente tutto il centro cittadino. Cercheremo, in seguito a nuovi interventi di ricostruzione, di sostituire le foto divenute inattuali».
Chi l’ha aiutata nel progetto?
«Il progetto è partito da una mia idea attorno alla quale ho coinvolto alcuni amici, il team di Hello L’Aquila, con l’obiettivo preciso di realizzare un tour virtuale con immagini spettacolari e attuali. Matteo Faraone e Barnaby Gunning si sono occupati principalmente della pagina web e dell’interfaccia utente, cercando di rendere la visita al sito un’esperienza piacevole. Massimo Prosperococco ha curato invece i rapporti con i media e le istituzioni, dedicandosi anche all’aspetto social del progetto, oltre ad essere il collante del team fra L’Aquila, Teramo, l’Inghilterra e la Germania».
Quale procedura si usa per creare un tour virtuale?
«Si scattano centinaia, migliaia di foto che poi vengono assemblate tra di loro e vanno a formare delle foto sferiche. Queste, a loro volta, vengono posizionate sulle mappe e correttamente orientate dal punto di vista geografico. Il team di Google quindi le approva, dopo un esame che valuta gli standard di qualità. È così che nasce il cosiddetto Street View di Google, che consente di esplorare un posto attraverso immagini panoramiche a 360».
In centro storico ha fotografato solo esterni o anche interni di edifici?
«Anche interni, per esempio di alcune chiese e non solo di quelle aperte al pubblico».
Quante foto ha scattato?
«Decine di migliaia. Ma ho intenzione in futuro di aggiornare le immagini e di continuare a scattarne anche dove, per esempio all’interno della basilica di Collemaggio, attualmente non si può entrare».
A cosa servirà il suo lavoro?
«Le foto sono tutte datate. Sono un documento storico. Spero che il lavoro fatto possa servire agli aquilani per condividere la situazione della città con chi non la conosce».
Un modo per accompagnare la ricostruzione?
«Un modo, direi, per assistere alla ricostruzione dell’Aquila. La mia intenzione era prima di tutto quella di fermare il tempo. Di solito, poi, il fotografo ti indica cosa guardare in una immagine. Io non ho fatto questa operazione. Ho fotografato semplicemente tutto. Ognuno sarà libero, e già vedo sui social network che questa cosa sta avvenendo con alcune delle foto che ho realizzato, di considerare quel particolare che più attrae la propria attenzione».
Con che risultati?
«I risultati sono già significativi. Il tour virtuale dell’Aquila, in pochi giorni, ha ricevuto migliaia di visualizzazioni. E i numeri sono in costante crescita».
L’Aquila ha una speranza, secondo lei, di tornare com’era?
«Non credo che potrà tornare com’era. E sarebbe anacronistico riportare tutto al 5 aprile 2009. Nel mio percorso ho notato che per alcuni edifici importanti i lavori sono a uno stadio avanzato. Altri sono in uno stato di abbandono totale. Probabilmente buona parte della città verrà completamente modificata».
Era a L’Aquila la notte del terremoto?
«Sì, ero lì. E c’ero anche il giorno prima. Ho vissuto il prima e il dopo. Il tour virtuale nasce da questa esperienza».
CHI È
Graziano Di Crescenzo vive e lavora a Guardia Vomano, in provincia di Teramo. Dopo il diploma all’Istituto tecnico industriale “Alessandrini” di Teramo, indirizzo elettronica e telecomunicazioni, si iscrive al corso di laurea in Beni culturali della facoltà di Lettere dell’Università degli studi dell’Aquila. Le due grandi passioni per la tecnologia e il patrimonio artistico e naturale, in particolare quello abruzzese, sono i fattori che lo hanno spinto a sviluppare soluzioni per la valorizzazione e la promozione dell’Abruzzo mediante l’uso dell’informatica. Tra i suoi lavori vanno ricordati la modellazione 3D del Porto Turistico di Pescara e del Museo delle Genti d’Abruzzo per le mappe 3D di Google. Ulteriori informazioni sulla sua attività si possono trovare sui siti www.abruzzo3d.it, www.piutregeomodeling.it, www.hellolaquila.it.
Nicola Catenaro
Intervista pubblicata su “La Città quotidiano” del 17 aprile 2014