Chionchio, l’handball e quell’occasione sprecata
Qualche anno fa, a Milano, davanti a una gigantesca cotoletta, un collega mi disse: «Ah, sei di Teramo… Che fa ora il grande Chionchio?». Non sapevo rispondere e mi vergognai un po’. Non mi sono mai occupato molto di sport (basket a parte) e conoscevo solo di nome Franco Chionchio. Colpa mia. I giornalisti dovrebbero sapere tutto o quasi della propria città, osservarla in ogni sua espressione e conoscerne la storia. Nascosi l’umiliazione dietro l’orgoglio per il fatto che lui, Chionchio, avesse portato il nome di Teramo molto al di fuori dei confini regionali. Il collega, che allora dirigeva la redazione milanese di La7, mi parlò della sua ammirazione per l’ex capitano (e futuro allenatore) della Nazionale italiana di pallamano. È trascorso un po’ di tempo, credo di dovere questa intervista all’uomo e, forse, anche al giocatore.
Franco Chionchio, lei è nella pallamano da quando?
«Da circa trentotto anni».
Gli inizi a quando risalgono?
«Ai tempi della scuola. Frequentavo le superiori. Prima non sapevo neanche cosa fosse la pallamano».
E gli altri sport?
«Giocavo a calcio, ero anche bravo. Ma praticavo anche altri sport, basket, pallavolo, calcio, ero polivalente. Poi gli amici mi coinvolsero in un provino che a Teramo vide protagonista l’allenatore nazionale di pallamano. Venne in città a selezionare ragazzi per la squadra giovanile. Scelse me e altri quattro-cinque ragazzi».
Fu una sorpresa?
«Per me fu una sorpresa iniziare a giocare in Nazionale prima ancora che in una squadra di club».
Che anno era?
«Era il 1976».
E l’ingresso in un club quando arrivò?
«Subito dopo. Iniziai con il Teramo, l’allora Jagermeister, poi Campo del Re e quindi Wampum».
Chi allenava il Teramo quando lei iniziò?
« Pierluigi Montauti, patron dell’Interamnia. La Coppa era alla sua terza edizione».
E poi?
«L’anno seguente arrivò la prima convocazione in maglia azzurra. Seguirono quattordici anni di Nazionale, tra le giovanili e la prima squadra».
Qualche dato o ricordo o soddisfazione da incorniciare?
«Ce ne sono tanti. Ne cito alcuni. Le 204 presenze in Nazionale A, la fascia di capitano, la medaglia d’oro nella Coppa Latina in Messico, sei Giochi del Mediterraneo, dieci mondiali, e molto altro».
Quante reti ha segnato?
«Non l’ho mai considerato, sicuramente più di ottomila».
Con lei quali altri teramani c’erano in Nazionale?
«C’è da dire che prima di me c’erano stati giocatori come Gianni Di Basilio, Siriano Cordoni, Luigi Da Rui, Roberto Calandrini, con me e anche dopo di me Settimio Massotti, anche lui allenatore per un periodo della squadra».
L’amore di Teramo per la pallamano è nato per caso?
«Una spinta profonda l’ha data sicuramente la Coppa Interamnia. Negli anni Ottanta non c’era ragazzo a Teramo che non avesse giocato almeno una volta nell’Interamnia. In città, grazie alla Coppa, arrivavano anche grandi nomi di questo sport. Il livello era altissimo. C’erano grandi allenatori. E la città era conosciuta anche all’estero per l’Interamnia».
La Coppa in passato ha perso qualche occasione, secondo lei?
«Ritengo che il patron Montauti l’abbia fatta troppo sua, tenuta troppo intorno a sé. Nel massimo del suo splendore, avrebbe potuto coinvolgere altre persone per farla diventare ancora più grande. Forse si è perduta un’occasione importante».
In Nazionale lei c’è stato anche come team manager e allenatore. Che ricordo conserva?
«Ho sempre avuto un legame particolare con la maglia azzurra. Per cinque anni sono stato team manager, poi per tre anni ho guidato la squadra come allenatore anche se in un momento non facilissimo sia per la carenza di risorse, il Coni iniziava a tagliare, sia per l’alto livello tecnico delle squadre che si sono andate formando dopo la frammentazione della ex Jugoslavia e della ex Unione Sovietica. E l’Italia negli anni Ottanta non ha lavorato forse abbastanza nelle scuole per formare atleti, ad esempio come si è fatto nella pallavolo».
Come si diventa un giocatore di serie A? Questione di talento? Di velocità di esecuzione? Di cosa?
«Ci deve essere talento, anche se molti talenti si perdono. Chi ha talento e capisce di averlo, deve avere anche la fortuna di trovarsi in un ambiente favorevole e di avere l’opportunità di fare l’atleta ad un certo livello. Questo comporta sacrifici, tanti».
Quanto conta lo sport, secondo lei, nella formazione di una persona?
«Moltissimo, soprattutto se è uno sport di squadra. È una scuola di vita molto alta. Si cresce tanto, confrontarsi con le altre persone fa diventare maturi più in fretta».
Quanto diranno ancora Teramo e Chionchio alla pallamano nazionale?
«Mi piacerebbe dire… ancora tanto. È uno sport che adoro perché racchiude tutto, intelligenza, capacità fisica, tattica. È davvero completo. Dispiace che in Europa, dove ci confrontavamo alla pari negli anni Ottanta con le migliori squadre, gli altri siano andati avanti e noi siamo rimasti indietro. In Germania la pallamano è il secondo sport al coperto, ci sono giocatori che guadagnano come nel calcio e la partita vanno a vederla in decine di migliaia di persone».
La responsabilità di chi è?
«Si parla spesso di giovanili, ma non si parla del vero problema che è quello di entrare nelle scuole e fare attività educativa, coinvolgere i docenti. La casa si costruisce dalle fondamenta, o no?».
Qual è il suo messaggio ai giovani?
«Il mio messaggio è che ognuno ce la può fare, anche partendo da zero e non avendo mezzi o possibilità economiche. Se uno vuole, ce la fa. Non esiste niente di impossibile».
CHI È
Franco Chionchio è nato a Teramo nel 1961. Ex giocatore e capitano della Nazionale italiana di pallamano, attualmente è consigliere federale, allenatore (della stessa Nazionale fino all’anno scorso) e commentatore tv. Vanta 204 presenze in Nazionale “A” e 70 presenze in Nazionale Juniores. In maglia azzurra ha ottenuto con la squadra una medaglia di bronzo ai Giochi del Mediterraneo di Atene del 1991 e precedentemente una medaglia d’oro nella Coppa Latina del 1981 in Messico. Nel 1982 è stato secondo cannoniere in Europa. Ha disputato 21 campionati in serie A1, otto campionati in serie A2 e un campionato in serie B. Ha giocato con il Siracusa (con cui ha conquistato tre scudetti dal 1986 al 1989) e con il Teramo, di cui è adesso allenatore.
Nicola Catenaro
Intervista pubblicata su “La Città quotidiano” del 28 novembre 2014
Non Luigi Darui ma Giancarlo Darui.
franco cipollone
7 Feb 2015 alle 18:23 edit_comment_link(__('Modifica', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Sicuro che Franco Chionchio si sia sbagliato? C’è anche Luigi
Nicola Catenaro
14 Feb 2015 alle 00:30 edit_comment_link(__('Modifica', 'sandbox'), ' ', ''); ?>