«La ricerca mi aiuta a tenere viva la speranza»
Daniela Di Giacomo, 38 anni, teramana, biologa. Ha lavorato anche in Francia e da poco ha vinto per la seconda volta consecutiva una delle borse messe a disposizione in Italia dalla Fondazione Veronesi per la ricerca contro il cancro. Ogni giorno parte alla volta dell’Aquila dove, presso il Dipartimento di Scienze Cliniche Applicate e Biotecnologiche dell’Università, conduce la quotidiana battaglia contro il male che le ha portato via entrambi i genitori, mamma Franca e papà Giacomo. Era quest’ultimo, dopo la morte della madre, a incoraggiarla a studiare: «Continua perché solo continuando si fa il pezzo», diceva. E Daniela è andata avanti, scegliendo consapevolmente l’oncologia molecolare come campo di attività. Oggi si occupa in particolare dei geni, chiamati BRCA1 e BRCA2, che sono responsabili della predisposizione ai tumori della mammella e dell’ovaio. Quelli da cui, con le sue scelte drastiche (l’asportazione dei seni e dell’ovaio) che fanno discutere, fugge l’attrice Angelina Jolie.
Dottoressa Di Giacomo, cosa l’ha spinta a diventare biologa?
«Ho sempre sognato di lavorare in un laboratorio, fin da quando ero piccola. Ricordo che con l’aiuto di mia mamma mi divertivo a creare piccoli laboratori, facendo intrugli di sapone e altre cose di questo genere».
Come ha concretizzato questa sua predisposizione?
«Dopo il diploma, conseguito al liceo Scientifico Einstein di Teramo, mi sono iscritta alla facoltà di Scienze biologiche dell’Università dell’Aquila. Qui, dopo aver completato gli studi e mentre preparavo la tesi sperimentale, ho capito realmente cosa mi sarebbe piaciuto fare».
Cosa esattamente?
«Ero attratta dall’idea di poter aiutare gli altri restando dietro le quinte».
Perché ha deciso di occuparsi di oncologia molecolare?
«La morte di mia madre, quando avevo ventiquattro anni, e successivamente quella di mio padre, due anni fa, a causa del tumore, mi hanno spinto ad andare avanti in questo campo per cercare di ampliare le conoscenze a nostra disposizione ».
E questo la aiuta ad affrontare, a elaborare quello che le è capitato?
«Mi ha aiutato e mi aiuta a tenere viva la speranza».
Qual è l’obiettivo della sua ricerca?
«Io mi occupo dei geni che sono responsabili della predisposizione ai tumori della mammella e dell’ovaio chiamati BRCA1 e BRCA2. Se c’è un’alterazione in uno di questi due geni, infatti, c’è un’altissima probabilità di sviluppare nel corso della propria vita uno di questi due tumori. Il mio progetto mira a identificare nuove mutazioni su questi geni, evidenziare riarrangiamenti cromosomici o anche classificare le mutazioni che sono dette varianti genetiche perché hanno un significato funzionale sconosciuto».
Cosa le consente di fare la borsa della Fondazione Veronesi, che lei ha ottenuto per il secondo anno consecutivo?
«Sto portando avanti l’analisi dei geni nei pazienti in cura all’ospedale San Salvatore dell’Aquila e provenienti un po’ da tutto l’Abruzzo. L’analisi riguarda soprattutto pazienti che hanno un tumore ovarico o della mammella (in quest’ultimo caso caso sia donne che uomini, ndr) anche perché ci sono delle potenziali indicazioni terapeutiche con dei nuovi chemioterapici che si chiamano Parp inibitor. Inoltre sto creando un database di tutte le informazioni, che poi analizzo con appositi programmi bioinformatici per capire qual è il loro significato funzionale».
Sono frequenti i tumori alla mammella o all’ovaio?
«Sì, sono tumori abbastanza frequenti. Ma quelli di cui mi occupo, cioè quelli molto aggressivi provocati dai geni BRCA1 e BRCA2, sono il 5-10 per cento del totale».
Parliamo di prevenzione, dal suo punto di vista quanto è importante nella lotta contro i tumori?
«Sicuramente un buon stile di vita aiuta a non svilupparli. Per quanto riguarda quelli di cui mi occupo, è emblematico il caso di Angelina Jolie recentemente venuto alla ribalta. Lei ha scoperto di avere una mutazione sul gene BRCA1, una mutazione ereditata dalla mamma, morta di tumore al seno, e dalla zia, anche lei morta per la stessa malattia. Pur non avendo ancora sviluppato il tumore ma essendo portatrice di questa mutazione, ha preferito farsi asportare entrambi i seni e successivamente l’ovaio».
Come giudica la scelta di Angelina Jolie?
«Non mi sento di giudicare una scelta così radicale né in un senso né in un altro. Certo è che il rischio di sviluppare questa malattia, per le portatrici della mutazione, sono dell’80-90 per cento nel corso della vita».
La immaginiamo alle prese con il microscopio tutto il giorno. È così?
«Non esattamente. Lavoro sul Dna e sull’Rna dei pazienti, donne in prevalenza ma anche uomini per una piccola parte. Con un semplice prelievo di sangue, si riesce ad analizzare la sequenza dei geni oggetto della nostra ricerca».
È fiduciosa nella ricerca in generale?
«Sono fiduciosa nella ricerca, vivo invece un po’ con l’ansia la situazione dei ricercatori in Italia. È dura e il futuro è sempre incerto. Ogni anno si deve cercare di proporre progetti o cercare finanziamenti per andare avanti. E questo rallenta la possibilità di dare continuità al nostro lavoro. Però, quando accadono cose come vincere per la seconda volta consecutiva una borsa di ricerca, come è successo a me, capisci che c’è un comitato scientifico dietro che apprezza il tuo progetto. È uno stimolo importante ad andare avanti».
CHI È
Daniela Di Giacomo si è laureata in Scienze Biologiche presso l’Università degli Studi de L’Aquila con una tesi sull’analisi strutturale dei geni coinvolti nella predisposizione ai tumori del colon e della mammella. Successivamente ha vinto un dottorato di ricerca in “Oncologia e Patologia molecolare e clinica” presso la “School of advanced studies G. D’Annunzio”, Chieti, in co-tutela con l’Università di Rouen (Francia), “Ecole Doctorale EdNBISE”, discutendo una tesi sulle nuove metodologie molecolari diagnostiche e predittive e sulle applicazioni ai tumori del colon e alle predisposizioni genetiche ai tumori della mammella e dell’ovaio. La sua collaborazione con il Dipartimento dell’Institut National de la Santé et de la Recherche Médicale (INSERM U1079) dell’Università di Medicina e Farmacia di Rouen (Francia), diretto dal professor Thierry Frébourg, è iniziata attraverso il progetto Erasmus che le ha consentito di trascorrere quattro mesi nei loro laboratori. Ha potuto, così, lavorare con l’equipe diretta dal professor Mario Tosi ed utilizzare una nuova metodologia molecolare, la QMPSF (Quantitative Multiplex PCR of Short Fluorescent Fragment), finalizzata alla ricerca di mutazioni di grandi dimensioni sui geni BRCA1, BRCA2, MLH1 e MSH2. Nel 2009, subito dopo il terremoto, è stata impegnata a L’Aquila nella ricerca di mutazioni somatiche a carico dei geni KRAS e BRAF in pazienti, malati di cancro del colon-retto metastatico, in cura presso il reparto di Oncologia dell’Ospedale San Salvatore. Gli esiti scientifici del lavoro di Daniela Di Giacomo sono stati divulgati attraverso la pubblicazione di quattro lavori scientifici su riviste internazionali.
Nicola Catenaro
Intervista pubblicata su “La Città quotidiano” del 16 aprile 2015