«Da Boston dico grazie al prof del liceo»
«Quando papà all’improvviso morì, la situazione si fece complicata dal punto di vista economico. E mia mamma, che già manteneva mio fratello all’università, pensò per me un futuro da parrucchiera visto che il lavoro nei campi sarebbe stato troppo duro. Ringrazio quel professore che insistette perché io potessi proseguire gli studi. Lo vorrei incontrare di nuovo, non so neanche dove sia». A rievocare i ricordi drammatici e belli della propria adolescenza è Gigliola Staffilani, 49 anni, figlia di una famiglia di contadini di Villa Rosa di Martinsicuro, un paesino della costa abruzzese al confine con le Marche. Oggi è professore ordinario di matematica pura al Mit di Boston, l’unica italiana ad insegnare una materia così complessa in uno dei sacri templi della scienza dei numeri.
A impedire che la vita di Gigliola continuasse tra spazzole, lozioni colorate e phon non fu soltanto l’assidua lettura dei magazine scientifici a cui era abbonato il fratello, poi diventato medico odontoiatra, ma la caparbietà di Mario Illuminati, che le insegnava matematica e fisica nel liceo scientifico di San Benedetto del Tronto. Lui, forse più di tutti gli altri insegnanti, aveva capito che quella ragazza riccioluta aveva talento. «Era un’ottima allieva sia per interesse sia per partecipazione – ricorda Mario, in pensione da qualche anno, dalla sua casa a Grottammare -. Oltre che l’inclinazione per le mie materie, aveva una predisposizione particolare verso tutto ciò che per lei era nuovo. Era sempre un passo avanti rispetto agli altri. Ma erano i tempi in cui si faceva fatica ad accettare che una ragazza potesse fare una scelta libera come quella che lei ha fatto». Mario Illuminati ha trascorso 35 anni, metà della sua età, nel liceo dove si è diplomato inseguendo la stessa passione che orientava all’epoca le scelte della sua geniale alunna.
«Risolvere problemi di matematica mi appagava – confessa Gigliola – e trovare le soluzioni in quel mondo parallelo e così ordinato era infinitamente piacevole rispetto alle complicazioni della vita di tutti i giorni». Gigliola ringrazia il prof la cui ostinazione, misurata dall’alto dei traguardi raggiunti, oggi commuove. «Grazie a questa decisiva spinta e al sostegno di altri insegnanti, anche mia madre si convinse e così, con alcune borse di studio, sono finalmente riuscita a laurearmi in matematica a Bologna».
Seguono il dottorato e la gavetta di ricercatrice negli Stati Uniti, «non senza fatica – racconta il fratello Vittorio – perché, nonostante il suo spiccato talento, all’inizio non conosceva la lingua». Gigliola supera presto le difficoltà e si mette in luce con un’importante scoperta effettuata in equipe con altri ricercatori («I-method» viene chiamato il risultato di quegli studi) e, anche grazie a questi successi, approda al Mit. A quel punto sogna di tornare a casa, ma il suo destino resta a stelle e strisce.
«In passato il mio desiderio era quello di lavorare in Italia – confessa -. Così, nel 1998, partecipai a un concorso nazionale per professore associato, ma la mia domanda non fu neanche presa in considerazione. Il rammarico è che, con gli stessi titoli, fui poi selezionata come assistant professor sia a Princeton sia a Stanford. E in Italia, invece, cosa era accaduto? Avevano cestinato il mio curriculum: sarei andata dappertutto pur di tornare…». Un episodio ormai archiviato nella memoria di Gigliola, mentre l’accento si fa più americano e i figli Mario (come il papà) e Sofia avuti dal marito Tom, anche lui docente di matematica a Boston, crescono.
Nicola Catenaro