La vita di un disabile raccontata da un disabile
La vita, i sentimenti, le difficoltà, le gioie e, a volte, la disperazione di un ragazzo affetto da tetraparesi spastica, raccontati con la sua voce, i suoi occhi, i suoi stessi movimenti. Un’opera che ha colpito e intenerito allo stesso tempo. S’intitola “Flusso di coscienza” lo spettacolo, patrocinato dalla Regione Abruzzo, che è stato allestito nel teatro Comunale di Atri, sabato 15 e domenica 16 ottobre, e che narra, con chiarezza e lucidità, la storia vera di un ragazzo diversamente abile. Un successo, se si considerano il calore e la partecipazione con cui lo spettacolo è stato accolto.
La rappresentazione si è svolta in occasione della sesta edizione di “Abilbirthday”, l’evento promosso da Abilbyte, la onlus con sede ad Atri nata con lo scopo di promuovere l’utilizzo e la diffusione di ausili quali puntatori oculari, sintetizzatori vocali e altri mezzi informatici a supporto di patologie che comportano limitazioni nella comunicazione. La mission dell’associazione è, in particolare, quella di agevolare le persone disabili in tutte le attività basilari della vita quotidiana e consentire loro una migliore interazione sociale.
Lo spettacolo, nato da un’idea di Manolo Pelusi, fondatore e presidente di Abilbyte, è incentrato sulla storia di Gabriele, ragazzo disabile interpretato da Luca Toscani, con il quale interagiscono gli altri protagonisti, Pasquale Leonzi e Lorena Liberatore, nei panni rispettivamente di Salvatore (“un uomo dall’aspetto bonario”) e Celeste (“una dama dal passo ritmato”). La regia è stata di Alberto Anello, che ha curato anche la scenografia, le musiche di Antonino Anello, i suoni e le luci a cura di Graziano Martella.
Hanno presentato la serata Maria Serena Manco e il giornalista Rai Umberto Braccili.
“E’ stata un’occasione importante – ha detto il presidente dell’associazione Abilbyte, Manolo Pelusi – per divulgare e aggiornare sempre di più la nostra ausilioteca, così da consentire a quelle persone che presentano patologie a livello comunicativo di interagire con il mondo esterno, superando le barriere dell’emarginazione e della solitudine, e di relazionarsi con gli altri in modo fluido, agevole e quanto più naturale possibile. Colgo l’occasione anche per ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile la messa in scena dello spettacolo, nato da una idea che si basa sulla mia personale esperienza e su quella di tante altre persone affette dal mio stesso problema”.