Archivio per la categoria ‘Ritratti’
«Il vino era il sogno di mio padre, io l’ho realizzato»
«Rigeneravo ganasce usate che poi vendevo alle officine meccaniche», racconta Nicola Di Sipio nella pace della sua tenuta, un’oasi di verde poco sotto Ripa Teatina, tra Chieti e Pescara. Da qui si vede anche il mare, una bellezza. Il futuro imprenditore parla di quando aveva 29 anni, un diploma di perito tecnico industriale in tasca e tanta determinazione. Cercava un lavoro, il “suo” lavoro. Non immaginava, Nicola, figlio di un mezzadro, dove sarebbe arrivato. E soprattutto che, a metà del percorso, i successi imprenditoriali gli avrebbero consentito di realizzare anche i sogni del padre: acquistare la tenuta dove lavoravano insieme e farne un gioiellino capace di produrre e vendere vini di qualità anche all’estero.
L’architettura è un sogno grande ventimila metri quadri
Lo confesso : non conoscevo Alessandro Spitilli (in verità conosco da sempre suo fratello Gianfranco, l’antropologo) e non sapevo che, nella cerchia non troppo ampia degli architetti italiani che si stanno facendo notare in Francia a fianco di grandi progettisti, c’è anche lui.
Alessando è preciso, per lui le parole valgono il significato che valgono. E servono a chi le pronuncia per non tralasciare nulla di sè, anche se costrette nella necessaria e sintetica economia di un servizio giornalistico. Considerate dunque la conversazione che segue una specie di autointervista coordinata alla meglio da chi scrive.
Mark Kostabi, 11 settembre prima e dopo
Lo schianto. Il fuoco e il fumo. I vetri che esplodono. L’acciaio che collassa. Le Torri, simbolo dell’America a stelle e strisce, che vengono giù sciogliendosi come burro. Il terrore. La consapevolezza di una debolezza mai così vicina e odiosa. L’11 settembre 2001 ha trafitto un prima e un dopo nel cuore della Grande Mela e di ogni cittadino degli Stati Uniti. Ce lo ricorda, a tredici anni di distanza dagli attentati che costarono la vita a circa tremila persone, Mark Kostabi, pittore e compositore, americano di nascita e italiano (si può ormai dire) d’adozione. A New York deve la sua fama artistica, ora apprezzata in tutto il mondo. Kostabi è di casa in Abruzzo e in particolare a Civitella del Tronto. Così, anche se lui è a Otranto quando risponde alle nostre domande, è come se questa chiacchierata si fosse svolta all’ombra del Gran Sasso.
«Il fanciullino non è come ce lo raccontano a scuola»
Francesca Florimbii è nata a Teramo ma vive e lavora a Bologna. Per amore (diremmo) di Carducci e Pascoli (che peraltro insegnarono nel suo stesso ateneo), dato che la sua attività di ricercatrice e docente di filologia della letteratura italiana si è da sempre indirizzata verso lo studio di questi e altri importanti autori italiani situati tra Ottocento e Novecento.
Il risultato sono un bel po’ di pubblicazioni che ruotano intorno a un argomento non facile ma molto affascinante. La incontriamo nella sua città di origine, alcuni giorni prima di convolare a nozze con il marito, bolognese, nella chiesetta di Castagneto dove si sposò anche la madre.
Chiarini, dall’Uomo Fiammifero al film con Cerami
Il regista? «È la lente deformante attraverso cui vedere la realtà. Partendo dalla realtà e tornando alla realtà». La definizione è del regista teramano Marco Chiarini, che incontriamo in un caldissimo pomeriggio di inizio luglio. Bastano pochi minuti, mentre sorseggiamo un caffè, per capovolgere le parti: è lui che cerca di intervistarmi. Fatico non poco per cercare di divincolarmi dal fuoco di fila delle domande. Marco soffre di una curiosità (nei confronti della realtà che lo circonda) superiore a quella di qualsiasi cronista. La stessa curiosità che lo ha portato a girare un lungometraggio come “L’Uomo Fiammifero”, che qualche anno fa ha ottenuto due nomination ai David di Donatello come miglior opera prima e per i migliori effetti speciali visivi. Un film che è autentica poesia.
La donna che fece del teatro la sua (vera) casa
Saper recitare è questione di talento o di studio? Nel caso di Elisa Di Eusanio, tra le migliori attrici che l’Abruzzo abbia mai portato sulla scena nazionale, il dubbio è, potremmo dire, amletico. Il talento è innato ed evidente. La prima a scoprirlo fu la madre, Mariella Converti, che diventò la sua maestra e poi (troppo presto) scomparve. Tuttavia, osservando Elisa mentre domina il palcoscenico come se proprio lì fosse nata, come se quella fosse la sua vera casa, è difficile pensare che le sue capacità non siano il frutto di un duro lavoro e di una preparazione quasi maniacale. Grandi capacità, grande versatilità. Elisa passa facilmente dal teatro al cinema e di entrambi indaga ogni possibilità, ogni sentiero: attrice, autrice, regista, persino doppiatrice. Un funambolo della messa in scena, con un’enorme potenza espressiva che stupisce e incanta. Un obbligo intervistarla.
«Anch’io voglio la mia auto blues. In Abruzzo»
Ho conosciuto Adriano Tarullo una decina di anni fa. Per caso. Fu mio fratello a farmi sentire un suo disco. Mi disse: lavora con me in azienda, a Colonnella, ma nei weekend suona in giro per pub e festival. Blues e dialetto abruzzese, naturalmente.
Mi colpì, allora, che il suo talento fosse ancora nascosto a livello locale. Un cantastorie che racconta le leggende della propria terra con la stessa facilita con cui, anche grazie a una buona dose di ironia, interpreta le storie di ordinaria solitudine, amore o disperazione che ciascuno di noi vive. Storie locali avvolte da una pellicola universale.
«Poesia e teatro in strada con la bici-biblioteca»
C’era una volta la MitoVelò… Anzi, c’è ancora e, a giudicare dalla giovane età e dal suo talento, ha ancora molte cose da dire. Ne sa qualcosa l’ideatrice di questo progetto poetico e un po’ magico.
Si chiama Fiona Sansone, è teramana, e si occupa prevalentemente di teatro per ragazzi come autrice, interprete e regista. Quando passa lungo le strade di Roma con la bici-biblioteca e si ferma a leggere le storie di Elliot, è difficile resisterle.
È un po’ come sentirsi ammaliati da un canto ancestrale, una vocina interiore di pura bellezza che supera qualsiasi divario o richiamo generazionale.
Radio e start-up, le due vite di Marco De Dominicis
Chi scrive gli deve un grazie per averlo avvicinato a un genio della musica come Nick Cave. Era il 1988. Avevo i capelli lunghi fino alle spalle e indossavo gli stivali anche d’estate. Barbara mi porse una cassetta, su cui era scarabocchiato il titolo dell’album, “Kicking Against the Pricks”, e mi disse che a suggerirne l’ascolto era suo cugino, un critico musicale. Consumai quel nastro e feci mie quelle canzoni. Ancora oggi le ascolto. Non fu l’unico regalo. Marco De Dominicis, ieri esperto di rock alternativo tra i più apprezzati in Italia, oggi imprenditore, farà capolino anche nel mio lavoro di cronista. La sua “Pagina Locale”, entrata nella top ten delle App più scaricate all’alba della commercializzazione dell’iPad, è ancora adesso un porto sicuro per chi è perennemente a caccia di notizie sul web. Quella che segue, dunque, è qualcosa di più di un’intervista.
Da un pianoforte teramano la passione per la musica
Teramo non è la sua città ma, in parte, è come se lo fosse. A Teramo è nato il papà Vittorio, musicista anche lui. A Teramo vivono e lavorano le sorelle. In città, per affetti e legame profondo con le proprie radici, Gabriele Bonolis torna dunque spesso. E, ogni volta, è l’occasione per inseguire il filo dei ricordi e rievocare quell’ideale pianoforte attorno al quale la scelta di fare della musica la propria vita e il proprio mestiere è stata (come fu per il genitore) un richiamo irresistibile. Violoncellista, compositore e direttore d’orchestra. Tra le sue collaborazioni spuntano nomi importanti come Ennio Morricone. Come è nata la passione per la musica? «Da un pianoforte. Sicuramente la presenza del pianoforte in casa è stata un forte richiamo».