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«Sesso negato: per questo è stata uccisa Melania»
Lui si sarebbe avvicinato per fare sesso e la moglie lo avrebbe rifiutato, scatenando la furia omicida del marito. Un delitto d’impeto, maturato nell’ambito di un rapporto divenuto «impari» a causa della figura dominante di lei e dell’enorme frustrazione provata dal marito. Queste, in sintesi, le motivazioni della sentenza con cui il Gup del tribunale di Teramo, Marina Tommolini, ha condannato all’ergastolo il caporalmaggiore Salvatore Parolisi per l’omicidio di Melania Rea, uccisa con 35 coltellate il 18 aprile 2011 in un boschetto a Ripe di Civitella (Teramo).
E proprio il boschetto sarebbe stato il teatro del raptus, dunque di un gesto assai poco calcolato, che avrebbe spinto Parolisi ad uccidere.
Il gip riapre il caso Paolini
È notte fonda, una notte serena, e Budda brucia. Il suo corpo, all’interno della Renault Clio, è completamente avvolto dalle fiamme. Qualcuno, come emergerà dalle perizie, lo ha cosparso di alcol e poi gli ha dato fuoco con un accendino o un fiammifero. Leonardo Paolini, 22 anni, studente universitario, detto Budda per il suo carattere amabile e riflessivo, muore carbonizzato senza opporre alcuna resistenza o tentare di uscire dall’auto. Ma ha respirato i fumi della combustione, segno che in quel momento era ancora vivo. Questo accadeva tre anni e mezzo fa, la notte del 28 febbraio 2007, in località Colleparco, a Teramo, a due passi dall’università, nel buio di un boschetto noto soltanto a tossici e coppiette. Nelle vicinanze c’è un parco giochi che ora è intitolato proprio a Leonardo.