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Tutto iniziò con una valigia piena di pubblicità
Si chiama Gabriele Di Donato e fa il copywriter da dieci anni. Ha lavorato a Milano, Roma e Torino (dove attualmente è al servizio di “Armando Testa”) per alcune delle principali aziende pubblicitarie italiane. Ha firmato campagne importanti e vinto premi in Italia e all’estero. Nel suo campo, inizia ad essere conosciuto. Non tutti sanno, però, che è nato a Teramo e qui torna, quando può, dalla sua famiglia. Lo abbiamo intervistato per capire il suo percorso, le sue scelte, i suoi gusti e il suo lavoro. E abbiamo scoperto che, per realizzare il suo sogno, partì da Teramo con una valigia piena zeppa di pubblicità finte. Un portfolio di proposte per grandi marchi, reinterpretate secondo i suoi gusti, che poi sottopose a grandi agenzie. Fu così che, almeno inizialmente, conquistò la fiducia dei suoi primi datori di lavoro.
Mark Kostabi, 11 settembre prima e dopo
Lo schianto. Il fuoco e il fumo. I vetri che esplodono. L’acciaio che collassa. Le Torri, simbolo dell’America a stelle e strisce, che vengono giù sciogliendosi come burro. Il terrore. La consapevolezza di una debolezza mai così vicina e odiosa. L’11 settembre 2001 ha trafitto un prima e un dopo nel cuore della Grande Mela e di ogni cittadino degli Stati Uniti. Ce lo ricorda, a tredici anni di distanza dagli attentati che costarono la vita a circa tremila persone, Mark Kostabi, pittore e compositore, americano di nascita e italiano (si può ormai dire) d’adozione. A New York deve la sua fama artistica, ora apprezzata in tutto il mondo. Kostabi è di casa in Abruzzo e in particolare a Civitella del Tronto. Così, anche se lui è a Otranto quando risponde alle nostre domande, è come se questa chiacchierata si fosse svolta all’ombra del Gran Sasso.
Chiarini, dall’Uomo Fiammifero al film con Cerami
Il regista? «È la lente deformante attraverso cui vedere la realtà. Partendo dalla realtà e tornando alla realtà». La definizione è del regista teramano Marco Chiarini, che incontriamo in un caldissimo pomeriggio di inizio luglio. Bastano pochi minuti, mentre sorseggiamo un caffè, per capovolgere le parti: è lui che cerca di intervistarmi. Fatico non poco per cercare di divincolarmi dal fuoco di fila delle domande. Marco soffre di una curiosità (nei confronti della realtà che lo circonda) superiore a quella di qualsiasi cronista. La stessa curiosità che lo ha portato a girare un lungometraggio come “L’Uomo Fiammifero”, che qualche anno fa ha ottenuto due nomination ai David di Donatello come miglior opera prima e per i migliori effetti speciali visivi. Un film che è autentica poesia.
La donna che fece del teatro la sua (vera) casa
Saper recitare è questione di talento o di studio? Nel caso di Elisa Di Eusanio, tra le migliori attrici che l’Abruzzo abbia mai portato sulla scena nazionale, il dubbio è, potremmo dire, amletico. Il talento è innato ed evidente. La prima a scoprirlo fu la madre, Mariella Converti, che diventò la sua maestra e poi (troppo presto) scomparve. Tuttavia, osservando Elisa mentre domina il palcoscenico come se proprio lì fosse nata, come se quella fosse la sua vera casa, è difficile pensare che le sue capacità non siano il frutto di un duro lavoro e di una preparazione quasi maniacale. Grandi capacità, grande versatilità. Elisa passa facilmente dal teatro al cinema e di entrambi indaga ogni possibilità, ogni sentiero: attrice, autrice, regista, persino doppiatrice. Un funambolo della messa in scena, con un’enorme potenza espressiva che stupisce e incanta. Un obbligo intervistarla.
«Poesia e teatro in strada con la bici-biblioteca»
C’era una volta la MitoVelò… Anzi, c’è ancora e, a giudicare dalla giovane età e dal suo talento, ha ancora molte cose da dire. Ne sa qualcosa l’ideatrice di questo progetto poetico e un po’ magico.
Si chiama Fiona Sansone, è teramana, e si occupa prevalentemente di teatro per ragazzi come autrice, interprete e regista. Quando passa lungo le strade di Roma con la bici-biblioteca e si ferma a leggere le storie di Elliot, è difficile resisterle.
È un po’ come sentirsi ammaliati da un canto ancestrale, una vocina interiore di pura bellezza che supera qualsiasi divario o richiamo generazionale.
Radio e start-up, le due vite di Marco De Dominicis
Chi scrive gli deve un grazie per averlo avvicinato a un genio della musica come Nick Cave. Era il 1988. Avevo i capelli lunghi fino alle spalle e indossavo gli stivali anche d’estate. Barbara mi porse una cassetta, su cui era scarabocchiato il titolo dell’album, “Kicking Against the Pricks”, e mi disse che a suggerirne l’ascolto era suo cugino, un critico musicale. Consumai quel nastro e feci mie quelle canzoni. Ancora oggi le ascolto. Non fu l’unico regalo. Marco De Dominicis, ieri esperto di rock alternativo tra i più apprezzati in Italia, oggi imprenditore, farà capolino anche nel mio lavoro di cronista. La sua “Pagina Locale”, entrata nella top ten delle App più scaricate all’alba della commercializzazione dell’iPad, è ancora adesso un porto sicuro per chi è perennemente a caccia di notizie sul web. Quella che segue, dunque, è qualcosa di più di un’intervista.
Da un pianoforte teramano la passione per la musica
Teramo non è la sua città ma, in parte, è come se lo fosse. A Teramo è nato il papà Vittorio, musicista anche lui. A Teramo vivono e lavorano le sorelle. In città, per affetti e legame profondo con le proprie radici, Gabriele Bonolis torna dunque spesso. E, ogni volta, è l’occasione per inseguire il filo dei ricordi e rievocare quell’ideale pianoforte attorno al quale la scelta di fare della musica la propria vita e il proprio mestiere è stata (come fu per il genitore) un richiamo irresistibile. Violoncellista, compositore e direttore d’orchestra. Tra le sue collaborazioni spuntano nomi importanti come Ennio Morricone. Come è nata la passione per la musica? «Da un pianoforte. Sicuramente la presenza del pianoforte in casa è stata un forte richiamo».
«La musica, la mia favolosa ossessione»
Luca D’Alberto è un artista sorprendente. La sorpresa sta nel trovarlo sempre al fianco di grandi personaggi in vari campi, dal teatro alla danza o alla musica rock, senza vederne modificati negli anni né il carattere (fondamentalmente timido) né l’approccio alle cose che gli accadono intorno (allegro e spensierato, come sempre). L’espressione e i modi da eterno fanciullo, però, tradiscono le doti e il talento di un musicista colto, sensibile e raffinato. Ecco la sua (sorprendente) intervista-ritratto.
Luca D’Alberto, quando e come ha iniziato a suonare e perché?
«Ho iniziato da piccolissimo perché nella mia famiglia ci sono due meravigliose musiciste: mia madre e mia sorella. Ascoltandole suonare, chiesi di iniziare lo studio di uno strumento e scelsi la viola e il violino. Gli strumenti ad arco mi hanno sempre appassionato. Mi sono avvicinato anche alla Violectra 6 corde».